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Libia, quel che resta

Lo Stato islamico alla conquista dell'area centrale del paese - Il reportage dal fronte

  • 21 agosto 2016, 09:38
  • 7 giugno 2023, 22:40

Libia, quel che resta - di Francesca Mannocchi

RSI Mondo 21.08.2016, 09:15

Lo Stato islamico (IS) ha preso il controllo di Sirte nel luglio del 2015, dopo aver sedato una rivolta capeggiata dalla tribù locale dei Farjani. In quella rivolta persero la vita quaranta persone, alcune di loro crocifisse ed esposte in pubblico. Da allora, poco più di dodici mesi fa, l’IS libico ha cercato di consolidare la propria presenza nell’area centrale del paese, strategica per le infrastrutture di petrolio e gas.

Partendo da Sirte, roccaforte del consenso intorno all’ex rais Gheddafi e teatro della morte nel 2011, i miliziani di Al Baghdadi hanno attaccato due importanti terminal petroliferi a Ras Lanuf, provocando danni per milioni di dollari.

Da ormai tre mesi la città è teatro di una lenta, estenuante e faticosissima offensiva militare capeggiata dalle milizie di Misurata, volta a liberare la città. E’ proprio la città di Misurata che sta pagando un prezzo molto alto in termini di vite umane: più di 300 feriti, più di 3'000 morti.

"Non possiamo permetterci tutti questi morti"

Dopo le prima settimane di operazione, il portavoce delle forze fedeli al governo di unità nazionale di Fayez al Sarraj, il generale Mohamed el Ghasri,ha chiesto aiuto ai governi europei, definendo la guerra al terrorismo una battaglia non solo dei libici ma “una battaglia cui il mondo intero dovrebbe partecipare attivamente”.

“Non possiamo permetterci tutte queste morti – dice uno dei soldati libici al fronte, Omar – ogni famiglia di Misurata ha un figlio da piangere o un parente con un arto amputato. Siamo sollevati che gli americani ci aiutino con i droni e i bombardamenti su Sirte, ma non basta. Abbiamo bisogno di addestramento, armi e munizioni, i nostri ragazzi sono troppo inesperti.”

Intanto resta incerto il numero dei civili rimasti in città, lo stesso el Ghasri, in un comunicato pubblico, aveva invitato tutti a scappare dalle zone degli scontri, ma i civili in fuga raccontano di famiglie prese in ostaggio come scudi umani e cecchini appostati sulle abitazioni.

“Tutti elementi – ha detto ancora il generale – che non possono che rallentare le operazioni, dobbiamo inoltre tenere conto del fatto molto preoccupante che durante la liberazione di alcune aree della città abbiamo trovato resti di barba tagliate verosimilmente in fretta e furia dai miliziani in fuga, e questo ci fa temere che alcuni di loro possano lasciare la città fingendosi civili in fuga.”

Francesca Mannocchi

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