Ticino e Grigioni

Hacker, non c’è più religione

Truffe informatiche, anche don Emanuele Di Marco di Lugano vittima dei ladri di indirizzi e-mail

  • 1 dicembre 2015, 14:26
  • 7 giugno 2023, 15:36
Don Emanuele di Marco, vicario della parrocchia della Cattedrale di Lugano

Don Emanuele di Marco, vicario della parrocchia della Cattedrale di Lugano

  • ©Ti-Press

Gli hacker non si fermano neanche davanti alla toga. Oggi, martedì, tra le vittime dei truffatori informatici è finito anche don Emanuele Di Marco, il 33enne vicario della parrocchia della Cattedrale, direttore dell'oratorio di Lugano e professore incaricato alla Facoltà di teologia. Lui ci ride sopra, ma i pirati, attaccata la sua casella di posta elettronica con un programmino che ha rivelato loro la password, hanno mandato una e-mail a tutti i suoi contatti con una richiesta urgentissima di aiuto finanziario per problemi sopraggiunti durante un soggiorno a Cipro.

Don Emanuele Di Marco in realtà è a Lugano, dove lo abbiamo raggiunto telefonicamente, e non ha alcun problema. Anzi. Uno ce l’ha: deve rispondere alle centinaia di persone che lo hanno contattato per dargli una mano spiegando di essere stato vittima di un reato denominato spoofing.

“Ben venga ogni tanto qualche hacker” afferma con ironia il sacerdote. “Ma solo se ci fa sentire ben voluti e stimati come è capitato a me in queste ore. Mi ha colpito la grandissima solidarietà che mi è stata dimostrata. Alla richiesta di aiuto inviata tramite il mio indirizzo e-mail in pochissimo tempo hanno risposto in tantissimi. Ho ricevuto numerose telefonate, 133 messaggi WhatsApp, 35 sms e 23 e-mail. Tutti mi offrivano il proprio aiuto. E dire che spesso sosteniamo di vivere in una società distaccata, fredda, ormai senza cuore”.

Diem/px

Reazione immediata

Al primo sospetto di essere vittima degli hacker, don Emanuele Di Marco ha avuto la prontezza di spirito di far immediatamente bloccare la carta di credito e di avvertire dell’accaduto amici, conoscenti e colleghi che poco prima avevano ricevuto la sua richiesta di aiuto da Cipro. “Questa vicenda mi ha insegnato alcune cose – rileva il sacerdote ticinese che tra il 2011 e il 2014 è stato vice cappellano della Guardia svizzera pontificia in Vaticano dove ha ottenuto il dottorato alla Lateranense -. Non da ultimo che è meglio non usare chiavi d’accesso fatte solo di numeri. Gli hacker hanno gli strumenti per scoprirle in pochissimo tempo”.

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