"Parlavamo sempre per ipotesi, anche sulle armi, fino alla mattina del colpo non le avevo viste, né sapevo che fossero sul furgone". Il processo a carico della banda accusata dell'assalto a un portavalori sventato lo scorso 16 ottobre dalla Polizia, a Castelrotto, è ripreso stamane (martedì) con l'interrogatorio del terzo dei sette imputati.
Incalzato dal presidente della Corte Amos Pagnamenta, il 43enne palermitano, residente a Milano, è stato invitato a spiegare una serie di intercettazioni ambientali. "Quando vedi quattro vitelli che saltano addosso, si mette la croce" o "tu prendi sul cofano e tum tum tum" il tenore delle frasi citate dal giudice. Qual era il vero piano? Perché le armi, perché le fascette, la diavolina per incendiare? Domande che tornano e ritornano sullo sfondo dell'istruttoria, ma puntualmente, come un mantra, l'imputato ha risposto che si parlava sempre e solo per ipotesi. "Chiacchieravamo tanto, non c'era nulla di concreto, fino all'ultimo nemmeno sulle armi" ha risposto al giudice che è apparso però poco convinto.
Il copione si sta ripetendo anche con il quarto imputato, un 51enne residente a Milano che ha confermato di aver procurato lui il furgone rubato. "L'intento era rubare la valigetta alla guardia portavalori, senza usare le armi. Per questo c'erano 4 persone, si sarebbe spaventato" la tesi sostenuta anche dal 51enne. Il processo, sospeso poco fa, riprende nel pomeriggio.
Romina Lara