Salute

Antibiotici, si cambia. Forse

British Medical Journal: "Non è dimostrabile che sia dannoso interrompere la terapia prima del termine"

  • 29 luglio 2017, 19:22
  • 6 settembre 2023, 05:16
Lo studio suggerisce di interrompere la terapia non appena i sintomi scompaiono e il paziente si sente meglio

Lo studio suggerisce di interrompere la terapia non appena i sintomi scompaiono e il paziente si sente meglio

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Proseguire nella cura con antibiotici anche dopo la scomparsa dei sintomi della malattia non sarebbe solo inutile, ma anche controproducente. Lo sostiene una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica British Medical Journal da Martin Llewelyn della Brighton and Sussex Medical School e colleghi, secondo cui, in questo modo, aumenterebbe la resistenza dei batteri, rendendo inefficaci i medicinali. Aumentano le evidenze scientifiche secondo cui sono più sicuri cicli brevi di terapia (3 giorni) che non cicli lunghi come oggi spesso è prescritto (5-7 giorni o multipli di questi).

Ma allora qual è il motivo di questa raccomandazione che gli autori dell'articolo definiscono desueta? Probabilmente (e banalmente), afferma Llewelyn, deriva dal fatto che 5-7 giorni sono rispettivamente i numeri delle dita di una mano o dei giorni di una settimana. In realtà, sembrerebbe un'idea migliore interrompere la terapia non appena i sintomi scompaiono e il paziente si sente meglio.

"L'insorgenza di resistenze nei confronti dei farmaci che stiamo usando è un segnale che qualcosa di sbagliato nell'uso degli antibiotici è stato fatto - ha spiegato ai microfoni della RSI il professor Adriano Lazzarin, primario di malattie infettive all’ospedale San Raffaele di Milano -. Il problema delle resistenze, secondo me, non è stato tanto determinato dalla durata del trattamento antibiotico ma dai dosaggi sbagliati".

Ansa/M. Ang.


RG 18.30 del 29.07.17 L'intervista di Marco Gritti al professor Adriano Lazzarin, primario di malattie infettive all’ospedale San Raffaele di Milano

RSI Salute 29.07.2017, 16:51

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