Il giardino di Albert

Benvenuti nell’Antropocene

A cura di Clara Caverzasio

  • 24 novembre 2016, 12:35
  • Scienza
Benvenuti nell’Antropocene
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IL GIARDINO DI ALBERT
Giovedì 24 novembre 2016 alle 11:35
Replica alle 23:33
Replica sabato 26 novembre 2016 alle 18:00

Viviamo in un’epoca davvero speciale: giovanissimi a parte, tutti noi abbiamo vissuto non solo un passaggio di secolo, ma anche di millennio. E, pare, addirittura di era geologica. Fino ad ora eravamo nell’Olocene, iniziato circa 11’700 anni fa: l’epoca in cui è nata la civiltà umana come la intendiamo oggi. In base a precise considerazioni stratigrafiche, i geologi di tutto il mondo hanno decretato proprio quest’anno un cambio di era. La nuova era, in cui già viviamo, si chiamerà Antropocene, letteralmente “era dell’uomo”. Dell’uomo perché la nostra specie è diventata una forza geologica tanto importante da aver cambiato il pianeta in modo significativo. L’attività umana infatti è all’origine di modifiche territoriali, strutturali e climatiche: vale a dire i parametri geofisici fondamentali del pianeta. Gli elementi che dimostrano una profonda mutazione geologica della Terra sono tantissimi: dalle trasformazioni apportate al suolo, al sottosuolo e all’atmosfera (con la presenza di sedimenti radioattivi, di una miriade di particelle di plastica, di fosforo e nitrati provenienti dai fertilizzanti chimici che hanno cambiato il ciclo dell’azoto come mai era avvenuto in due miliardi e mezzo di anni, fino alla drastica riduzione della biodiversità in tutte le sue forme, paragonabile alle grandi estinzioni di massa del passato. Quelle estinzioni di massa che sempre, fino ad oggi, hanno segnato il passaggio da un’era all’altra. A farci da guida in questa nuova era, nel Giardino di Albert di giovedì 25 novembre, sarà Telmo Pievani, filosofo della scienza ed evoluzionista, coinvolto in prima persona nella ridefinizione della nostra epoca geologica. Un’era che, dicono, potrebbe essere molto breve. D’altra parte già nel ‘700 c’era chi, come Leopardi nel Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo, prefigurava la fine dell’umanità ma non del pianeta. Perché la prospettiva del tempo profondo, propria delle ere geologiche, ci fa capire un’altra cosa che si tende a dimenticare: comunque vada, il pianeta potrebbe andare avanti benissimo. L’uomo, forse, un po’ meno.

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