Laser

No future?

di Romano Giuffrida

  • 21 maggio 2015, 11:00
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Wendy O. Williams, cantante punk distrugge una tv nel giugno 1981

  • Keystone

Giovedì 21 maggio 2015 alle 09:00
Replica alle 22:35

No future?

Laser 21.05.2015, 11:00

C’è qualcosa che lega idealmente un precario, un disoccupato, un suicida, un “kamikaze” fondamentalista, in questo primo scorcio del nuovo millennio? Secondo il filosofo Franco Berardi sì, e il fil rouge che unisce quelle figure è il sentimento della disperazione ossia l’angoscia di fronte ad un presente che sembra non offrire più orizzonti di speranza per il futuro.

No future, negli anni Settanta, era lo slogan più diffuso tra le fila di quello che veniva chiamato “movimento punk” ossia di quel movimento che accomunava, nel rifiuto generalizzato e radicale della società e dei suoi modelli, migliaia di giovani in tutto il mondo. La forte sottolineatura dell’aspetto estetico da parte dei punk (il termine aggettiva letteralmente qualcosa “di scarsa qualità”), e che si caratterizzava per l’uso di abbigliamenti logori, di accostamenti di colore improbabili, di acconciature “a cresta” multicolore, fece pensare più che ad una ribellione esistenziale, ad una moda che sarebbe presto scomparsa. Fu una lettura per molti aspetti errata: il concetto di “no future”, infatti, ha attraversato i decenni tanto da essere diventato, al di là di mode e musica, un sentire comune tra giovani e meno giovani generazioni.

Il filosofo Franco Berardi ha recentemente pubblicato in Inghilterra un saggio (ancora inedito in lingua italiana), nel quale analizza questa mancanza di orizzonti simbolici a partire da un dato sconcertante ossia, nello spazio di un trentennio, l’aumento del sessanta per cento dei suicidi, soprattutto nel mondo giovanile. Nella sua analisi Berardi prende in considerazione anche le reazioni drammatiche (spesso anch’esse suicide), di donne e uomini di tutte le età di fronte alla crisi economica, alla disoccupazione, al precariato e quindi alla povertà. Con analoga “griglia di lettura” Franco Berardi individua poi nella disperazione di fronte all’assenza di prospettive concrete dei cosiddetti Terzo e Quarto Mondo (e nella rabbia conseguente di chi trova o ha trovato nella società detta del “benessere” solo emarginazione e sfruttamento), alcune delle motivazioni principali della scelta estrema e vendicativa di chi si arruola nella fila dell’integralismo religioso e politico.

Di tutto ciò Franco Berardi ha parlato al microfono di Romano Giuffrida.

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