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Ramuz tra Parigi e la montagna

di Mariarosa Mancuso

  • 3 marzo 2015, 10:00
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Charles Ferdinand Ramuz

  • Courtesy Université de Lausanne


Ramuz tra Parigi e la montagna

Laser 03.03.2015, 10:00

Martedì 3 marzo 2015 alle 09:00
Replica alle 22:35

“Questo non è scrivere, è battere a macchina”. Lo disse Truman Capote, dopo aver letto On The Road di Jack Kerouac. Ma eravamo in piena beat generation, il romanzo era stato scritto su un lungo rotolo di carta, con l’aiuto di qualche sostanza, per non perdere il ritmo. Charles Ferdinand Ramuz era nato a Losanna nel 1878, morì a Pully nel 1947. L’accusa di scrivere male, e per giunta di farlo apposta, che gli fu rivolta da parecchi critici risulta più stupefacente. Certo, non amava il francese letterario, faceva parlare i suoi personaggi nel francese del canton Vaud, e con un registro adatto a loro.

“Il vecchio deve parlare come il vecchio, e il giovane deve parlare come il giovane”, scriveva Aristotele nella “Poetica”, che a dispetto del titolo è il modello per ogni narrazione. Ramuz piaceva a Céline, scrittore di gusti difficili e per niente tenero con i colleghi. Altri invece considerano i suoi romanzi – molto amati dal cinema, due titoli sono firmati da Claude Goretta – poco più bozzetti sulla vita di montagna. A contraddirli, basterebbe il numero delle tragedie: valanghe, sole che minaccia di non rispuntare più dopo il lungo inverno, tradimenti coniugali feroci, epidemie terribili. Il primitivismo e il senso del sacro che si trovano nei suoi racconti e romanzi sono il nucleo della sua collaborazione con Igor Stravinsky per L’histoire du soldat.

Ne parliamo con Daniel Maggetti, che insegna all’università di Losanna e ha curato le opere complete dello scrittore vodese.

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