Oggi, la storia

Gauss e la normalità

di Lina Bertola

  • 30 aprile 2015, 09:05
Bendixen_-_Carl_Friedrich_Gauß,_1828.jpg

Ritratto di Gauss pubblicato sull'Astronomische Nachrichten nel 1828

  • Wikipedia

Oggi, la storia 30.04.15

Oggi, la storia 30.04.2015, 07:05

Quante volte, in un giorno, ci capita di pronunciare la parola “normale”? E con quali effetti decidiamo, che la tal cosa è da ritenere “normale”? Ritenere “normale” un fatto, o un comportamento, produce, in modo più o meno esplicito, un atteggiamento di accettazione, quando non addirittura di approvazione, mentre, inversamente, ciò che è considerato “anormale” è sempre accompagnato da un sospetto, da una valutazione negativa (la normalità, lo sappiamo bene, è assai rassicurante).

I valori, dunque, abitano l’intreccio simbolico di queste due parole: quei valori che rinviano a scelte culturali e che sempre nutrono, non pronunciati, le parole con cui raccontiamo la vita. Perché le parole non sono mai neutre, sono costruzioni simboliche che affondano nei giardini spesso segreti dell’etica e custodiscono in sé emozioni, sentimenti, pensieri. Con i nostri racconti della “normalità” da sempre distinguiamo, giudichiamo, discriminiamo.

Il grande matematico tedesco Carl Friedrich Gauss, nato il 30 aprile 1777, con la sua famosa curva - quella “campana” che molti di voi penso conservino tra i ricordi di scuola - offrì una descrizione matematica della distribuzione statistica normale dei fenomeni attorno a un valore medio. L’utilizzo del termine “normale” dentro una lettura statistica, descrittiva, ma anche predittiva (anche la possibilità di prevedere è assai rassicurante) ci ricorda come la matematica non sia un mondo a sé, ma un linguaggio che sa parlare alla vita, e della vita stessa.

Eppure, nonostante gli intrecci di etica e scienza con cui desideriamo e speriamo di controllare il mondo, la vita continua a interpellarci, a spingerci al di là delle nostre spiegazioni. Con la sua lettura della realtà, la curva di Gauss potrebbe anche avere un effetto giustificatorio; pensiamo, ed è solo un esempio, alla distribuzione normale dei risultati scolastici e mettiamoci il cuore in pace, poiché è statisticamente normale che due o tre allievi non ce la facciano proprio.

La normalità di ciò che esiste, potrebbe, insomma, bloccare la nostra spinta progettuale, facendoci dimenticare che anche il riconoscimento e il calcolo della normalità sono costruzioni umane di cui è bene assumersi la responsabilità. Anche perché, come la storia ha più volte mostrato, ciò che sta ai piedi della curva, fenomeni rarissimi rispetto alla normalità, possono modificare la realtà, in modo imprevedibile.

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