Oggi, la storia

Il docente: vir bonus dicendi peritus

di Alessandro Stroppa

  • 19 dicembre 2014, 08:05
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Frontespizio di un'edizione del 1720 dell'Institutio oratoria di Marco Fabio Quintiliano

  • Wikipedia

Oggi, la storia 19.12.14

Oggi, la storia 19.12.2014, 07:05

Un recente documento emanato dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, intitolato Profilo e compiti istituzionali dell’insegnante della scuola ticinese e rivolto a tutti i cittadini del Cantone, rilancia un annoso dibattito sulla figura del docente: attraverso una meticolosa e articolata descrizione delle competenze dell’insegnante, la bozza si configura, tra l’altro, anche come strumento per rafforzarne “l’immagine sociale”, da tempo svilita e, talora, anche un po’ disprezzata. Un contributo notevole, a complemento di tale documento – in parte viziato da un pedagogismo sterile ed esasperato –, potrebbe essere offerto dalla lettura di un classico della pedagogia antica: l’Institutio oratoria di Marco Fabio Quintiliano, un retore attivo verso la fine del I sec. d.C. L’opera tratteggia il profilo dell’orator, cioè di quello che oggi definiremmo col termine di “intellettuale” o di “libero pensatore”, una figura di riferimento che si pone ai vertici dei vari settori della vita civile. All’interno di questa definizione si può includere anche quella del pedagogus (o del maestro), al quale le scuole dell’antichità attribuivano un ruolo fondamentale: dotato di una formazione umanistica solidissima, l’orator, secondo Quintiliano, doveva tendere per sua natura all’acquisizione di una cultura poderosa e poliedrica, nutrita di letteratura, filosofia, diritto e storia, alle quali si dovevano innestare, in seconda istanza, la conoscenze specialistiche delle varie scienze, teoriche e sperimentali. Un simile eclettismo, inoltre, doveva essere guidato da finissime capacità retoriche e dialettiche, che, nel caso del maestro, costituivano quell’arte del comunicare che sta alla base dell’insegnamento.

Per quanto utopica sia la concezione quintilianea, attraverso la teorizzazione del vir bonus dicendi peritus – una definizione sincretica di tutte le qualità poc’anzi menzionate –, è interessante la sua rilettura in chiave moderna: l’orator, e quindi anche il docente, deve tendere all’ampliamento dei propri orizzonti culturali e deve affinare le tecniche che gli consentano di trasmettere agli allievi il sapere e l’uso sapiente che se ne può fare nella società civile. Ma una simile visione, di cui è protagonista solo un docente costantemente proteso alla lettura, allo studio e alla ricerca, confligge con l’impostazione della scuola di oggi: una scuola assediata da una griglia oraria stipata all’inverosimile e completamente priva di quel tempo libero – sanctissimum otium! – che sarebbe utile agli allievi per apprendere in profondità, e fondamentale agli insegnanti per studiare, programmare e correggere con continuità. È una scuola defraudata dell’otium, la nostra, senza il quale non può esserci humanitas: la conseguenza è la peste della disidratazione culturale, di cui la febbre delle competenze imposte dal modello HARMOS segna solo la fase di incubazione.

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