Oggi, la storia

Sulpicia

di Eva Cantarella

  • 13 giugno 2016, 09:05
Sulpicia

Donna con tavolette cerate e stilo. Affresco romano, del 50 circa, da Pompeii. Ritrae in realtà una fanciulla dell'alta società pompeiana, riccamente agghindata con una retina d'oro sui capelli e grandi orecchini d'oro; essa porta lo stilo alla bocca e tiene in mano le tavolette cerate, notoriamente documenti contabili che dunque nulla hanno a che vedere con la poesia e ancor meno con la famosa scrittrice greca.

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Oggi, la storia
Lunedì 13 giugno 2016 - 07:05

Sulpicia

Oggi, la storia 13.06.2016, 07:05

Oggi vorrei parlarvi di una poetessa vissuta a Roma all’età di Augusto, e dunque contemporanea di poeti come Tibullo, Properzio e Ovidio. Ma mentre il nome di questi è più che conosciuto, quello di Sulpicia è ignoto ai più. Le sue poesie infatti (le uniche poesie d' amore di una donna romana giunte sino a noi), non sono state tramandate sotto il suo nome, ma sotto quello di Tibullo. Perchè mai? Il primo passo per capirlo è quello di leggerle, quelle poesie, a cominciare da quella nella quale Sulpicia dichiara il suo amore per un giovane di nome Cerinto:

“È giunto amore finalmente. Nasconderlo
sarebbe vergogna assai più grave che svelarlo.
Commossa dai miei versi, Venere lo portò sino me,
tra le mie braccia, compì la sua promessa. I miei peccati
li racconti chi si dirà non ebbe i suoi.
Io quasi non vorrei neppure scriverli:
prima di lui, temo li legga un altro.
Ma giova aver peccato. Mi disturba
atteggiare il mio volto alla virtù.
Si dirà che son degna di lui, e lui di me.”

Sulpicia ha un innamorato, dunque: forse – si direbbe- ha già un amante. Cosa, a quei tempi, assolutamente riprovevole per una ragazza da marito, ma di cui Sulpicia non si vergogna, al punto da scrivere di una notte d’amore mancata per colpa del suo pudore:

“Ch'io non sia più, luce mia, il tuo folle amore
come credo d'essere stata ultimamente
se, nella mia gioventù ho commesso
una colpa di cui mi pento più
che di averti lasciato solo, la notte scorsa,
sperando di nascondere il mio ardore.”

Evidentemente, le poesie di Sulpicia (oltre al pregiudizio che le donne non potessero essere buone poetesse) ponevano dei problemi ai critici letterari del tempo e anche a quelli dei secoli a venire: troppo emancipata, troppo diversa dal modello della donna romana. Solo da pochi anni i pregiudizi sono venuti meno, e finalmente nelle letterature latine comincia ad apparire. Un consiglio per una lettura estiva? Cercate le poesie di Sulpicia: poche ma bellissime.

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