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Banca multilaterale asiatica per l’infrastruttura: presto una realtà operativa

di Pietro Veglio

  • 7 October 2015, 12:20

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Mercoledì 07 ottobre 2015 - 12:20

La nuova Banca multilaterale asiatica per l’investimento nell’infrastruttura (AIIB in inglese), creata principalmente grazie all’iniziativa ed al finanziamento cinesi, diventerà una realtà istituzionale entro fine anno ed operativa prima della metà del 2016. Si è già assicurata un successo di adesioni da parte dei paesi asiatici e di diversi paesi europei, compresa la Svizzera -- piu’ che decisa a divenire un membro della stessa. La sua credibilità istituzionale è quindi assicurata. Mancano all’appello gli Stati Uniti ed il Giappone che criticarono sin dall’inizio l’iniziativa cinese sostenendo che finanziare le infrastrutture in Asia era già un obiettivo della Banca asiatica di sviluppo e della Banca mondiale e quindi costituivano un doppione. Aggiungendo che la nuova banca non sarebbe stata in grado di rispettare né gli standards internazionali sociali ed ambientali né le norme prudenziali per assicurare una gestione oculata del capitale e la trasparenza operativa.

Queste critiche non hanno convinto i governi di 57 paesi. Fra questi nemmeno quelli piu’ vicini alle posizioni americane come Australia, Regno Unito e Sud Corea. Perché? Innanzitutto perché il fabbisogno di nuovi investimenti nel continente asiatico è enorme. Secondo la Banca asiatica di sviluppo, controllata dal Giappone, tale fabbisogno è stimato a US$ 720 miliardi annui per i prossimi 5 anni, principalmente per ambiziosi progetti di generazione di energia elettrica, costruzione di strade, ferrovie e infrastrutture portuali cosi come telecomunicazioni. Con un capitale di US$ 100 miliardi, anche quando la AIIB sarà pienamente operativa, non potrà contribuire che nella misura del 5% al finanziamento di questi investimenti. Del resto, per coprire anche parzialmente un fabbisogno di investimenti cosi’ ingente la AIIB, la Banca asiatica di sviluppo e la Banca mondiale prevedono di collaborare nell’identificazione dei nuovi progetti cosi come dei rispettivi studi di fattibilità economico-finanziaria e nel finanziamento degli stessi, compresi gli apporti di enti di finanziamento privati.

La maggiore sfida a livello operativo per la nuova banca non è comunque quella finanziaria. E’ invece quella legata alla scarsità di progetti giudiziosi e dettagliati, già elaborati a livello di disegni di ingegneria, studi di fattibilità e di impatto sociale ed ambientale. Progetti dettagliati la cui preparazione richiede tempo e che sono particolarmente esigenti in quanto richiedono l’accesso a competenze professionali qualificate e con esperienze pluriennali. Progetti che, in ultima analisi, devono dare garanzie di redditività finanziaria per assicurare che i paesi beneficiari – per esempio attraverso tariffe adeguate per il consumo di elettricità -- saranno poi in grado di rimborsare i prestiti concessi dalla nuova banca.

Un’altra sfida è rappresentata dall’esecuzione materiale delle singole opere di infrastruttura che spesso, non in Cina ma in paesi come l’India, l’Indonesia e le Filippine, si scontra con le realtà locali, in particolare le lungaggini burocratiche legate alla concessione dei permessi di acquisto di terreni e di costruzione.

La nuova banca dovrà quindi confrontarsi con le stesse sfide che affronta qualsiasi banca multilaterale di sviluppo. E la Cina imparerà che la promozione del soft power non è semplice né tanto meno garantita.

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