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David Ricardo, président

Di Marco Salvi

  • 24 aprile 2017, 14:20
David Ricardo, président
  • Keystone

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Lunedì 24 aprile 2017 alle 12:20

Ha di che preoccupare ogni buon economista il fatto che al primo turno delle elezioni presidenziali francesi ben il 40 percento degli elettori abbia votato per due candidati, Marine Le Pen et Jean-Luc Mélenchon, i quali promettevano una politica improntata a un nazionalismo economico puro e duro, fondamentalmente opposta agli scambi commerciali internazionali.

Il voto francese avrebbe certamente preoccupato David Ricardo, che con la pubblicazione avvenuta esattamente 200 anni fa del suo libro “On the Principles of Political Economy and Taxation”, poneva più di ogni altro le basi intellettuali per la difesa del commercio internazionale. In quest’opera Ricardo enunciava per la prima volta un concetto diventato oramai indispensabile per capire i benefici della globalizzazione: il principio dei vantaggi comparati.

In sostanza, il principio sostiene che ogni nazione, non importa quanto avanzata o povera, produttiva o meno, trae beneficio dal commercio con altri paesi. Alla nazione più produttiva – ai tempi di Ricardo era il Regno Unito – non conviene infatti esportare ogni prodotto, ma soltanto quelli per i quali detiene un vantaggio comparato. Paradossalmente, persino il paese più produttivo avrà ogni interesse a importare beni che sarebbe perfettamente in grado di produrre in modo più efficiente rispetto ai concorrenti esteri. Allo stesso modo, anche ai paesi con livelli di produttività inferiori su tutti i fronti converrà specializzarsi nell’esportazione di quei beni per i quali la differenza di produttività con le altre nazioni è minore. In parole povere, con il principio dei vantaggi comparati Ricardo spiega come sia sempre opportuno specializzarsi nell’attività che svolgiamo meno peggio delle altre.

Nel corso degli ultimi 200 anni, innumerevoli economisti hanno chiarito, approfondito e anche relativizzato il concetto ricardiano dei vantaggi comparati. A un livello fondamentale però il messaggio è rimasto lo stesso: è nell’interesse di tutte le nazioni, persino delle più povere, commerciare tra di loro. Il voto francese ci ricorda che nel corso di questi due secoli gli economisti non sono riusciti a convincere gran parte del pubblico. Ma non disperiamo.

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