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Il difficile accordo tra Europa e Stati Uniti (e Svizzera)

di Gianfranco Fabi

  • 1 May 2015, 12:20
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Ignacio Garcia Bercero del Directorate General for Trade della Commissione Europea e Dan Mullaney Assistant United States Trade Representative, New York, 24 aprile 2015

  • Keystone

Plusvalore 01.05.15

Plusvalore 01.05.2015, 14:20

Le prossime settimane saranno probabilmente decisive per i negoziati in corso tra Europa e Stati Uniti per definire un accordo particolarmente importante sul fronte economico soprattutto sotto l’aspetto dei rapporti commerciali e finanziari. Si tratta del Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti, noto come TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership. Si tratta in pratica di un’intesa destinata a ridurre in modo significativo i dazi doganali e soprattutto rimuovere le barriere non tariffarie, cioè le differenze tra i regolamenti tecnici, gli standard minimi di qualità, le procedure di omologazione, le regole sanitarie ed alimentari.

La logica di fondo è la stessa che ha guidato la nascita, nel lontano 1956, del Mercato comune europeo: allargare il mercato rendendo possibile la libera circolazione delle merci, facilitando gli investimenti, permettendo alle imprese un più facile accesso ai mercati dei servizi e degli appalti pubblici. L’obiettivo è quello di creare la più grande area di libero scambio esistente al mondo perche Europa e Stati Uniti realizzano la metà del Pil e rappresentano un terzo del commercio mondiale.

Anche la Svizzera è ovviamente interessante all’evoluzione delle trattative perché è prevista la possibilità di estendere l’intesa ai paesi, come la Svizzera appunto, che ora hanno accordi di libero scambio con una delle due parti.

Ma il cammino del TTIP appare tutt’altro che facile come dimostra la stessa animata discussione in corso al Parlamento europeo tenuto a dare il proprio consenso e a proporre, come è avvenuto, integrazioni ed emendamenti. I movimenti antagonisti hanno sollevato molte critiche soprattutto paventando il rischio di una crescente presenza delle multinazionali americane e di un abbassamento delle regole di salvaguardia soprattutto in campo agricolo e quindi alimentare.

In realtà i rischi di vedere l’Europa invasa da polli al cloro o da polpette realizzate con organismi geneticamente modificati appaiono, almeno per ora, del tutto infondati e strumentali a sostenere una pregiudiziale antiamericana. Nei negoziati nessuno ha mai messo in discussione il principio secondo cui spetterà alle parti valutare e gestire i rischi alimentari: le norme di garanzia sanitaria e di sicurezza europee potranno restare immutate. Così come le leggi sugli Ogm e sulla tutela degli animali non sono in discussione nei colloqui per il trattato. L’Europa si è impegnata a difendere i suoi alti standard, a salvaguardare l’indipendenza dei regolatori, a far valere il principio di precauzione e a garantire anche per il futuro il diritto dei governi ad approvare nuove leggi che difendono le persone.

L’effetto sui prodotti alimentari sarà soprattutto nella caduta di dazi e ostacoli amministrativi (che ora possono incidere fino ad un terzo nel costo finale dei prodotti) rendendo quindi più competitiva un’industria alimentare di alta qualità come quella europea.

Per la Svizzera uno studio dello scorso anno dell’Università di Berna ha messo in luce come gli effetti del TTIP potrebbero variare da una diminuzione del Pil dello 0,5% se il trattato non venisse recepito anche dalla Confederazione ad una crescita del 2,9% in caso invece di completa adesione: nel primo caso perché le aziende svizzere perderebbero competitività sul mercato americano rispetto alle aziende europee, nel secondo caso perché l’allargamento e lo sviluppo dei mercati permetterebbero nuove opportunità nei maggiori settori produttivi, agricoltura compresa.

Ma, come detto, la strada è ancora in salita. Sia per il trattato, sia, e ancora di più, per la partecipazione svizzera su cui non potranno che incidere le attuali difficoltà, anche queste non di facile soluzione, dei rapporti tra Svizzera e Unione europea.

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