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Il rapporto tra imprese familiari e territorio

di Gianluca Colombo

  • 25 novembre 2014, 13:20
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Tre generazioni di salumieri lavorano fianco a fianco

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Plusvalore 25.11.2014, 13:20

La scorsa settimana si è tenuto all’USI un seminario con quaranta imprenditori di imprese familiari ai quali ho presentato i primi risultati di un programma di ricerca internazionale cui partecipa l’Istituto di management. Abbiamo discusso di longevità delle aziende familiari e ascoltato l’interessante testimonianza di un imprenditore ticinese la cui azienda è oggi alla quinta generazione. La ricerca è condotta attraverso casi clinici e indagini quantitative su un campione di 688 imprese ticinesi. Il 64% di tali imprese sono familiari, cioè sono controllate da persone legate da legami di familiari. Oltre metà sono almeno di seconda generazione. Questi dati sono assai simili a quelli svizzeri, dove anzi le imprese familiari superano il 70% della popolazione complessiva. Studiare le ragioni della maggior longevità delle imprese familiari e capirne i problemi è importantissimo per ogni Paese, poiché il contributo di queste imprese all’economia è fondamentale anche se non sempre ben conosciuto. Sono tra i principali datori di lavoro, rappresentano quasi ovunque la maggior parte del PIL, e sono tra i principali contribuenti fiscali. La mia riflessione odierna si concentra però su di un aspetto più sottile che si riflette meno direttamente sui numeri, ma che è di maggior durata poiché riguarda la cultura imprenditoriale prevalente nelle imprese familiari e il loro rapporto col territorio.

L’azionariato e il controllo familiari determinano infatti un orientamento a lungo termine che è al centro della cultura imprenditoriale. Le famiglie imprenditoriali governano le imprese perché queste possano continuare attraverso le generazioni; la prospettiva è quindi in genere multigenerazionale. Da questa prospettiva deriva un’altissima propensione all’autofinanziamento e a investire risorse in modo paziente senza pretendere immediati ritorni. Questo rende le imprese familiari propense all’innovazione sistematica perché la pazienza di attendere risultati nel medio periodo consente di realizzare innovazioni che sarebbero rifiutate da altre imprese. Infine le famiglie sono particolarmente legate al loro territorio d’origine o a quello, dove hanno fondato l’impresa di famiglia. Il capitalismo familiare è meno mobile (o lo è stato in passato) del capitalismo finanziario, perché gli investimenti nell’impresa sono di lungo periodo e perché la famiglia non ha investito solo capitali ma anche un complesso di relazioni umane e sociali che nella ricerca è definito patrimonio socio-emotivo. Da questo stretto legame con il territorio deriva un’importante funzione stabilizzatrice che le imprese familiari svolgono nelle economie e nelle società cui partecipano. Si combinano dunque due ingredienti fondamentali: l’innovazione sistematica e il legame territoriale. Dovrebbe quindi essere interesse di ogni Stato avere un numero elevato d’imprese familiari, disegnando condizioni quadro vantaggiose. L’industria ticinese è stata arricchita da numerosi innesti provenienti da altri Cantoni (romandi e tedeschi) e nazioni (dall’Italia in particolare). Si tratta di famiglie che due, tre, quattro generazioni fa hanno scelto il Ticino per stabilire un’impresa che poi è diventata familiare; sono famiglie imprenditoriali del tutto ticinesi che continuano ad investire nel Cantone e per il Cantone. Mi piacerebbe che tra venti o trent’anno si possa ancora dire del Ticino: è il luogo ideale per sviluppare un’impresa familiare destinata a durare.

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