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La Svizzera e l’Europa

di Vincenzo Galasso

  • 14 April 2017, 12:20
La Svizzera e l’Europa
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Venerdì 14 aprile 2017 alle 12:20

Alcuni giorni fa, il premier britannico Theresa May ha consegnato al Presidente del Consiglio Europeo la lettera con cui il Regno Unito inizia l’iter per l’uscita dall’Unione Europea. Da quando la Brexit si è imposta con forza sul palcoscenico della politica europea, molti commentatori hanno tirato in ballo l’esperienza svizzera, ed in particolare il referendum del 6 dicembre 1992, con il quale il popolo svizzero decise di non aderire alla costituenda Area Economica Europea.

Il rapporto tra Inghilterra ed Europa è sempre stato travagliato. Celebre è il detto popolare inglese “nebbia sul Canale della Manica, il continente è isolato”. Ma anche la relazione tra Svizzera ed Europa, malgrado l’indissolubile continuità territoriale, ha vissuto degli alti e bassi. Dopo il referendum del 1992, i rapporti tra Svizzera e Unione Europea sono stati regolati da Accordi Bilaterali – esattamente la strada che anche il Regno Unito vorrebbe intraprendere. Se poi rimaniamo nell’ambito delle esperienze referendarie, nei dieci anni dal 2005 al 2014 possiamo contare ben 9 referendum su argomenti relativi ai rapporti con l’Europa, all’integrazione o alla politica estera. Questi referendum si riferiscono ad esempio all’accettazione del trattato di Schengen sul libero movimento delle persone, all’estensione del libero movimento ai cittadini dei nuovi stati membri dell’Unione Europea, ma anche alla costruzione dei minareti, nel 2012, o all’immigrazione di massa, nel 2014.

Un recente studio ha analizzato le motivazione del voto popolare in questi referendum a livello municipale, per capire se è possibile spiegare il voto a favore o contro il libero movimento delle persone, nei diversi comuni, in funzione delle loro caratteristiche economiche e sociali. Seguendo una letteratura politica ed economica in rapida espansione, lo studio si è chiesto in particolare se la maggiore opposizione al libero movimento in alcuni comuni fosse legata alla presenza di un elevato numero di immigrati o invece agli effetti della globalizzazione. Per analizzare l’effetto della globalizzazione, questo studio cataloga i diversi comuni, in funzione del tessuto produttivo esistente in quell’area geografica, tra comuni più o meno soggetti alla competizione delle industrie manifatturiere cinesi e dell’est asiatico. Malgrado tutti i referendum confermativi di accordi internazionali siano stati approvati, i risultati di questo studio mostrano delle importanti differenze a livello comunale. A votare contro sono soprattutto i comuni più esposti alla globalizzazione, ovvero quelli in cui sono più diffuse quelle industrie manifatturiere che negli anni hanno maggiormente risentito delle importazioni dalla Cina. La presenza sul territorio degli immigrati, o comunque di residenti non nati in Svizzera, non sembra avere invece un impatto rilevante sul voto a livello comunale. Questa analisi suggerisce dunque che ad essere contrari all’apertura verso l’estero sono soprattutto le persone che possono aver perso dalla globalizzazione. Anche in questo, la similitudine tra Svizzera e Regno Unito continua. Infatti, un’analisi analoga sul voto della Brexit mostra che il “leave” ha vinto soprattutto nelle contee in cui erano presenti le industrie manifatturiere più colpite dalle esportazioni cinesi.

Fortunatamente, però, nel caso della Svizzera, molti settori produttivi sono stati in grado di guadagnare dalla globalizzazione sfruttando l’apertura di nuovi mercati esteri, come dimostra l’incremento delle esportazioni svizzere verso la Cina, e ciò malgrado l’apprezzamento del franco. Una differenza questa, rispetto al Regno Unito, che fa la differenza per il benessere dei cittadini.

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