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La favola della disoccupazione “naturale” in Europa

di Sergio Rossi

  • 16 May 2016, 12:20
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Lunedì 16 maggio 2016 - 12:20


Plusvalore del 16.05.16

Plusvalore 16.05.2016, 14:20

Agli studenti di economia nel mondo intero viene generalmente insegnato che esiste un tasso naturale di disoccupazione all’interno del sistema economico. Questo tasso, secondo la dottrina neoliberale, sarebbe il risultato ineluttabile del funzionamento del sistema economico e contribuisce ad assicurare la stabilità dei prezzi al consumo. In altre parole, lo Stato non deve intervenire per cercare di ridurre la disoccupazione se il tasso in questione è al suo livello “naturale”, perché in tal caso la politica di bilancio espansiva non porterebbe altro che a un aumento dell’inflazione nel lungo periodo. Il solo intervento pubblico suggerito dagli economisti del “pensiero dominante” è quello delle famigerate “riforme strutturali” nel mercato del lavoro, che consistono nel ridurre la protezione dei lavoratori e dei loro diritti sociali, immaginando che così facendo sia l’occupazione sia la crescita economica saranno stimolate dalla “mano invisibile” che spinge le imprese ad assumere un numero maggiore di collaboratori – visto che sarà più facile licenziare queste persone in caso di problemi e che in ogni caso il costo del lavoro per unità prodotta sarà ridotto da queste “riforme strutturali”.

Questa idea della disoccupazione naturale ha avuto e sta avendo evidentemente una serie di ripercussioni concrete nei paesi membri dell’Unione Europea, alle prese con i più gravi problemi di ordine socio-economico negli ultimi cent’anni, ben più gravi degli effetti devastanti della Grande depressione negli anni Trenta del secolo scorso, visti i dati e la durata della disoccupazione, soprattutto per i giovani, in molti paesi periferici nella zona euro. Dall’inizio di questo secolo, la Commissione europea pubblica ormai un rapporto annuale nel quale gli autori propongono una stima della “disoccupazione naturale” che, non per caso, aumenta ogni anno da quando è scoppiata la crisi della zona euro all’inizio del 2010. Questo rapporto emette perciò un segnale molto chiaro, all’attenzione dei decisori politici e delle autorità di governo in Eurolandia: “non lottate contro la disoccupazione mediante aumenti della spesa pubblica, perché il fenomeno della disoccupazione è sempre più ineluttabile nel sistema economico”. Se, per delle ragioni politiche, il tasso di disoccupazione appare troppo elevato, il consiglio (se non un ordine) delle autorità europee è allora quello delle “riforme strutturali” nel mercato del lavoro, che travestite di flessibilità e deregolamentazione aumentano in sostanza la precarietà di una ampia percentuale di lavoratori a discapito della coesione sociale e della stabilità finanziaria nell’insieme dell’economia nazionale.

Invece di continuare a raccontare delle favole, che sono delle idiozie di fantascienza, gli economisti dovrebbero considerare il bene comune e cercare di contribuirvi con la necessaria onestà intellettuale. Il pieno impiego è una illusione del “socialismo reale”, ma la politica economica deve favorire l’occupazione, anziché ridurla.

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