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Lo scopo di un’imposta di scopo

di Gianluca Colombo

  • 17 maggio 2016, 14:20
Dichiarazione d imposta

Dichiarazioni d'imposta in forma cartacea con sullo sfondo la sede della Divisione delle Contribuzioni di Bellinzona

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Martedì 17 maggio 2016 - 12:20

Il prossimo 5 giugno il popolo ticinese voterà su alcuni importanti oggetti, tra cui l’imposta di collegamento proposta come imposta di scopo, finalizzata a promuovere il trasporto pubblico e a disincentivare il traffico di mezzi privati. L’imposta, che dovrebbe raccogliere 18 milioni annui destinati a finanziare i trasporti pubblici, si propone anche di modificare le abitudini di residenti e frontalieri per rapporto alle modalità di trasporto. Il risultato atteso è un miglioramento delle condizioni disperate del traffico cantonale. Non voglio entrare nel merito della votazione, ma proporre una riflessione sulle cosiddette imposte di scopo, per concludere sull’efficacia degli strumenti fiscali che si propongono di modificare le abitudini dei cittadini.

Le imposte di scopo sono imposte che non finanziano in generale le spese di uno Stato; sono invece dedicate al finanziamento di particolari oggetti: investimenti o spese. Il loro ricavato è quindi per legge vincolato a una particolare spesa o investimento. Ad esempio una tassa sulle sigarette sarebbe di scopo, se il ricavato finanziasse la pubblicità contro i danni del fumo. L’altro elemento che contraddistingue le imposte di scopo è la possibilità di usarle per modificare comportamenti non desiderabili dei cittadini. Ad esempio la tassa sul sacco non si propone solo di finanziare la raccolta dei rifiuti, ma anche d’indurre i cittadini a comportamenti virtuosi in tema di raccolta differenziata e di riciclo. Il principale vantaggio di un’imposta di scopo è che il cittadino è in grado di collegare direttamente quanto paga con il risultato che desidera raggiungere (minore inquinamento, traffico più scorrevole, maggiore sicurezza, ecc.). Da un certo punto di vista, l’imposta di scopo produce un maggior coinvolgimento dei contribuenti.

È possibile definire l’imposta di collegamento un’imposta di scopo? Effettivamente il ricavato (gli attesi 18 milioni annui) sono per legge impegnati per il finanziamento dei trasporti pubblici. L’imposta si propone, inoltre, di disincentivare il traffico dei mezzi privati a favore di quelli pubblici o del car pooling. In tal senso l’imposta è presentata come uno strumento per risolvere, almeno in parte, l’annoso problema del traffico sulle nostre strade.

È un’imposta efficace? Mi permetto di dubitare. Anzitutto, chi pagherà l’imposta di collegamento non è direttamente generatore di traffico; l’imposta non sarà, infatti, pagata dagli automobilisti, ma dai proprietari dei parcheggi. È inoltre poco probabile che quest’imposta, per com’è configurata, possa modificare sensibilmente le abitudini di chi percorre le nostre strade.

Che cosa servirebbe per ridurre il traffico? Una “vera” tassa di scopo come la “congestion charge” ha dato buoni risultati in molti Paesi. Si tratta di un pedaggio pagato dagli automobilisti che passano da determinati varchi. In Svizzera è problematico introdurre misure di questo tipo, poiché la competenza sui pedaggi stradali è federale. Ma siamo proprio sicuri che non si possa fare niente? Non sarebbe possibile portare a Berna una proposta in tal senso? Siamo sicuri che il problema del traffico sia solo ticinese? La Congestion charge è una vera tassa di scopo poiché il ricavato è destinato a finanziare i trasporti pubblici e poiché influisce direttamente sui comportamenti che si vorrebbero modificare.

Con questo contributo non intendo sollecitare consensi né a favore, né contro l’imposta di collegamento, ma semplicemente stimolare la discussione su quali siano gli strumenti fiscali più efficaci per raggiungere determinati scopi.

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