Plusvalore

L’esame per la Germania è appena cominciato.

di Vincenzo Galasso

  • 2 October 2015, 12:20
tdi_motore_volkswagen

Motore diesel al centro dello scalpore

  • Reuters Pictures

Plusvalore
Venerdì 02 ottobre 2015 - 12:20

Beccare il più bravo della classe mentre copia provoca in alcuni un senso di incredulità. Ma in tantissimi una sensazione di enorme rivalsa: anche lui, il compagno spocchioso e perfettino può sbagliare. Anzi, peggio: anche lui può scegliere di barare!! Il “Diesel-gate” che ha visto protagonista la Volkswagen ha generato stati d’animo molto simili. Ed ha dato vita a tanta ironia sui social media. Secondo alcuni, ad esempio, con il Diesel-gate per la prima volta la Germania ha compiuto un passo concreto verso l’integrazione con i paesi dell’Europa Mediterranea.

Ma al di la delle facili ironie, questa vicenda, che rischia di travolgere un colosso dell’automobile e di rovinare la reputazione della Germania, merita di essere approfonda. Che cosa non ha funzionato? Siamo di fronte ad un fallimento dell’economia di mercato? Del capitalismo tedesco, fatto di concertazione tra imprenditori e sindacati, e di vicinanza con la politica? O degli enti che avrebbero dovuto controllare?

Come spesso accade, gli scandali aiutano a squarciare un velo sul cattivo funzionamento di alcuni aspetti dei sistemi economici. Ma andiamo con ordine. Se la Volkswagen ha deliberatamente deciso di perpetrare questa “truffa” durante i controlli delle emissioni dei gas di scarico è ovviamente per motivi economici. L’obiettivo era quello di sdoganare l’uso dei motori Diesel anche negli Stati Uniti, dove sono poco diffusi, per poter sconfiggere la concorrenza della Toyota per la palma di primo costruttore di auto al mondo. Lascia tuttavia basiti il fatto che un obiettivo di mercato di tale prestigio possa essere perseguito con metodi così palesemente illegittimi. Evidentemente la governance interna della Volkswagen non ha funzionato. Ma la governance della Volkswagen è tipica del capitalismo tedesco, che si basa sulla stretta concertazione tra sindacati ed imprenditori. A questa comunione di interessi si aggiunga poi che uno dei maggiori azionisti della Volkswagen è un attore politico: il Land della Bassa Sassonia. Molti interessi allineati dunque, e troppo poco mercato. E dunque anche pochi controlli da parte degli azionisti. Il tempo ci dirà se la truffa fosse effettivamente già nota anche al governo di Berlino. Se così fosse, la commistione tra affari e politica si rivelerebbe completa.

Ma gli incentivi erano assolutamente errati anche per quanto riguarda i controlli delle emissioni dei gas di scarico, sia in Europa che negli Stati Uniti. Malgrado l’enorme rilevanza data dal legislatore alle norme sull’inquinamento – pensate a tutti le sigle, Euro4, Euro4 con FAP, Euro5, Euro6 – le case automobilistiche potevano scegliere l’impresa privata presso la quale effettuare, a proprie spese, i controlli. Dunque le case automobilistiche risultavano dei clienti paganti (profumatamente) e allo stesso tempo dei controllati, a cui veniva data la facoltà di scegliere da chi farsi controllare. Evidentemente dai controllori, forse più cari, ma sicuramente meno severi.

Stupisce anche il silenzio delle autorità di controllo a fronte alle reiterate inchieste svolte dai giornali specializzati, che mostravano come le auto (e per la verità non solo le Volkswagen) consumassero su strada ben più dei valori indicati dalla casa – e testati sui banchi di prova.

Ma si sa: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E così un’inchiesta di una società privata – forse la Joint Research Center di Ispra, sul Lago Maggiore, ha scoperchiato questo vaso di Pandora. Manca ovviamente la parola fine a questa vicenda. Ma alcune, ulteriori domande possiamo già porcele. Come si comporterà il governo tedesco a fronte di una eventuale grande crisi della Volkswagen causata da un possibile multa dell’autorità statunitense, da sicure class actions e perdite rilevanti di fette di mercato? Interverrà per aiutare l’industria tedesca, malgrado i vincoli agli aiuti di stato imposti da Bruxelles?

L’esame per la Germania è appena cominciato.

Ti potrebbe interessare