Plusvalore

Mamme svizzere ed effetto collaterale

di Silvano Toppi

  • 25 May 2017, 12:20
Mamme svizzere ed effetto collaterale
  • Ti-Press

Plusvalore
Giovedì 25 maggio 2017 alle 12:20

Si spara in prima pagina la notizia (ma è una notizia?) che in Svizzera sono sempre più le persone che hanno una storia di migrazione alle spalle o che la percentuale di chi non ha origini straniere è nettamente in calo. Forse per rinfocolare il tema dell’immigrazione o della perdita dell’identità nazionale.

Sull’immigrazione e soprattutto sulla libera circolazione delle persone con l’Unione europea ci sono tre modi di argomentare. Uno è categorico: si alzi il muro. Il secondo è tattico: prima i nostri, poi eventualmente quelli utili per l’economia, purché non abbiano pretese, come quelle di un salario minimo (se ne è appena parlato in Plusvalore) e tutto giovi al mercato migliorando la competitività. Il terzo è esclusivo: solo immigrazione di persone altamente qualificate, con competenze complementari a quelle della manodopera indigena.

C’è un ovvio denominatore comune: il proprio interesse prima di tutto. Alimentato da egoismo o da avversione all’altro perché ruba posti e nuoce all’identità. Aggiungiamo tre considerazioni che raramente si fanno.

La prima è di carattere generale: ci troviamo in una società che ha preso la cattiva abitudine della gratuità e non vuol pagare il prezzo che ogni beneficio anche economico comporta. La Svizzera è così spesso accusata di “cherry picking”: coglie solo le ciliegie che le piacciono. Esiste un legame tra questo gusto della gratuità e il rifiuto di scegliere, perché pagare è scegliere, che significa rinunciare a qualcosa. Perché non se ne vien fuori con il problema dell’immigrazione, tiramolla politico? Perché in un modo o nell’altro bisogna pagare e scegliere. L’impotenza a scegliere (un’ennesima iniziativa per un blocco all’immigrazione è di nuovo sul binario di partenza) è una causa dell’infantilizzazione della società. Che stiamo vivendo, persino argomentando sugli effetti collaterali delle già scarse misure di accompagnamento alla libera circolazione. Persino gli oriundi sono ammalati di quella che gli americani definiscono (anche nei confronti del loro presidente) “last place aversion”, l’avversione nei confronti di chi è arrivato dopo di te.

La seconda osservazione è di logica matematica. Con un indice di fecondità dell’1.5% in Svizzera e dell’1.3 in Ticino (il più basso della Svizzera) in neppure mezzo secolo saremmo in via d’estinzione se non supplisse un’immigrazione netta rispetto alle nascite del 40% per la Svizzera e del 60 per il Ticino. Chi pensa mai a questa realtà drammatica? Eppure il problema è tutto lì.

La terza osservazione è di politica familiare. La recente decisione del Nazionale, presa a stretta misura, di aiutare con poco più di 90 milioni di franchi i cantoni che sussidiano gli asili nido, si è dovuto ricorrere a un sillogismo meschino e sballato: bisogna lottare contro la penuria di personale qualificato, bisogna applicare la volontà popolare di ricorrere al personale indigeno per porre un freno all’immigrazione, per fare questo bisogna migliorare la politica che permetta alle donne-mamme di lavorare. Sillogismo meschino perché banalizza la sostanza del problema; sballato perché sembra che il lavoro delle donne-mamme svizzere sia un dovuto effetto collaterale dell’immigrazione.

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