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Nuove sfide per la cooperazione internazionale

di Pietro Veglio

  • 19 novembre 2014, 13:20
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Plusvalore 19.11.14

Plusvalore 19.11.2014, 13:20

La cooperazione internazionale allo sviluppo si prefigge ormai di contribuire non solo alla lotta contro la povertà nel Sud del pianeta ma anche di affrontare le sfide globali come clima, scarsità delle risorse idriche e salute pubblica. Con l’ambizione a lunga scadenza di riconvertire gradualmente l’economia mondiale in un sistema piu’ ecocompatibile e sostenibile. Una sfida enorme.

L’importanza delle relazioni tradizionali e unilaterali Nord-Sud stà diminuendo. Viene completata e parzialmente sostituita da relazioni Sud-Sud che sgretolano le modalità classiche dell’aiuto allo sviluppo occidentale. Certo, gli aiuti rimangono essenziali per i paesi piu’ poveri e fragili, ma sono sempre più marginali per i paesi emergenti ed a reddito medio. Infatti i finanziamenti non legati agli aiuti, vedi rimesse dei migranti e investimenti esteri diretti, costituiscono ormai l’80% del totale dei flussi di capitale verso i paesi in sviluppo.

Circa ¾ della povertà estrema mondiale è concentrata nei paesi a reddito medio dove gli aiuti rappresentano in media solo il 3% del PIL nazionale. Cifra che, con alcune eccezioni, è di parecchio inferiore alle risorse fiscali domestiche e alle rimesse di migranti all’estero. Certi paesi emergenti, in primis la Cina, si profilano come nuovi donatori proprio quando alcuni paesi europei riducono i loro budget di aiuto allo sviluppo internazionale. E i “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno appena creato una nuova banca di sviluppo che, almeno nelle loro intenzioni, dovrebbe rivaleggiare con la Banca mondiale.

Alle Nazioni Unite si preparano importanti negoziati per il 2015. L’intenzione è di sostituire gli Obiettivi dello sviluppo del millennio, che scadono a fine 2015, con gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. Obiettivi molto ambiziosi e non accettati da tutti per riconvertire il sistema economico vigente verso settori ed attività piu’ sostenibili dal profilo ambientale e sociale. Riconversione evidentemente graduale e complessa, con un orizzonte lontano che richiederà nell’immediato sforzi finanziari notevoli a fronte di ritorni economici di cui beneficerà solo la prossima generazione.

Questo negoziato internazionale presuppone la ricerca di un equilibrio difficile fra ideale utopico e realismo politico e pragmatismo. Non è ancora chiaro se i nuovi obiettivi internazionali si applicheranno solo all’aiuto allo sviluppo oppure ci sarà un impegno dei paesi industrializzati per realizzarli anche a livello domestico. Il primo obiettivo rimarrà quello di eliminare la povertà estrema. Sfida difficile perché il suo raggiungimento nei paesi emergenti e a reddito medio non dipenderà più dal volume e dalla qualità degli aiuti internazionali ma dall’efficacia delle politiche fiscali e di redistribuzione dei redditi dei singoli paesi. Senza dimenticare che il tema della povertà e della disuguaglianza non concerne solo il Sud del pianeta.

La ricerca dei finanziamenti pubblici e privati dei nuovi obiettivi costituirà lo scoglio più difficile da superare. Sarà essenziale mobilitare nuove fonti di finanziamento al di là degli aiuti allo sviluppo come risorse fiscali addizionali nei paesi emergenti, investimenti diretti esteri, rimesse di migranti, garanzie pubbliche per investimenti nei rinnovabili e una tassa globale sulle emissioni di CO2. Una sfida nella sfida.

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