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Polonia: un modello di transizione economica

di Pietro Veglio

  • 22 October 2014, 12:20
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Bandiera polacca

  • Reuters

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Plusvalore 22.10.2014, 14:20

Da quando nel 1989 è tornata la democrazia, la Polonia ha perseguito una politica di liberalizzazione dell’economia, inizialmente attraverso una terapia dolorosa. Oggi risulta essere uno dei migliori esempi di transizione riuscita dall’economia pianificata a quella di mercato e, dal 2004, di integrazione all’Unione Europea. E’ bello constatare che, innanzitutto per meriti propri, la Polonia ha saputo beneficiare di questa opportunità storica.

L’indice della Banca mondiale che misura la qualità delle condizioni-quadro classifica la Polonia al primo rango fra i paesi dell’Europa centrale ed orientale. Questo ha stimolato gli investimenti esteri e l’imprenditorialità locale, in particolare le nuove start-ups nel settore informatico. Il paese ha saputo sfruttare il potenziale innovativo di cui dispone grazie alla buona qualità delle proprie università ed alla disponibilità di specialisti informatici e di manodopera qualificata. Cosi la Polonia è l’unico paese europeo che ha conosciuto una crescita del PIL durante ogni trimestre successivo al 2008. Il suo PIL è attualmente del 25% superiore ai livelli del 2008, mentre la media europea è inferiore. Dal 2003 al 2014 le esportazioni si sono quadruplicate. Alcune imprese polacche investono con successo all’estero. Oggi la Polonia è il paese ex-satellite dell’Unione Sovietica con la maggiore popolazione (38 milioni) ma soprattutto con la piu’ importante economia.
Le ragioni? Le privatizzazioni in settori come carbone, acciaio, telecomunicazioni, energia, ferrovie e agricolo e la legislazione liberale che regola la creazione di nuove imprese hanno promosso lo sviluppo di un solido settore privato. Con l’aiuto complementare dei sostanziali finanziamenti europei attraverso i fondi strutturali e regionali. Inoltre il debito delle famiglie rimane inferiore al 60%, cifra inferiore alla media europea, perché le famiglie non godono di un facile accesso ai crediti ipotecari.
Eppure oggi i problemi abbondano: ai confini orientali, l’intervento russo in Ucraina ha infranto i sogni polacchi di rapida espansione economica verso quei mercati; a sud l’Ungheria è piombata nella recessione economica; a nord, i paesi baltici sono confrontati con le sanzioni commerciali russe che colpiscono le esportazioni europee. Ma la Polonia sembra in grado di navigare a vista attraverso acque agitate come lo ha già fatto nel 2008, dopo la crisi finanziaria mondiale.

Certo, non tutto è roseo. La crescita economica è rallentata, il disavanzo fiscale è preoccupante ed i consumi interni stanno diminuendo. La sfida rappresentata dalla necessità di investire maggiormente nell’educazione e nello sviluppo tecnologico alfine di creare nuove imprese competitive sui mercati di esportazione non è ancora stata vinta. Ma il vigore dell’economia polacca ha accresciuto la credibilità del paese ed il suo influsso politico in Europa. Prova ne è l’elezione del primo ministro Donald Tusk alla presidenza del Consiglio europeo. E Lech Walesa, eroe dell’indipendenza polacca, dichiara: ”Se 20 anni fa mi avessero detto dove la Polonia si sarebbe trovata oggi dove è, non ci avrei creduto”.

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