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Sabbia ed etica

di Silvano Toppi

  • 30 marzo 2017, 14:20
iStock-Spiaggia di sabbia a Parigi città
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Giovedì 30 marzo 2017 alle 12:20

Sabbia ed etica

Plusvalore 30.03.2017, 14:20

La città di Parigi ha deciso di fare a meno della sabbia del gruppo franco-svizzero Lafarge-Holcim (quella sabbia che fa delle rive della Senna una animata spiaggia estiva) adducendo due motivi: perché il gruppo ha finanziato l’Isis (o Stato Islamico) per continuare la sua attività in Siria; perché lo stesso gruppo, campione elvetico ed europeo del cemento, vuole costruire l’obbrobrioso muro di Trump per difendersi dai messicani. Certo, dal punto di vista economico, quel rifiuto parigino sembra comico di fronte ai 27 miliardi di cifra d’affari della Lafarge-Holcim e ai 230 milioni di tonnellate di cemento che vende. Quelle poche tonnellate di sabbia rifiutate hanno però un alto valore che manca o fa difetto all’economia. Si chiama etica.

Accusata di aver aiutato lo Stato islamico in Siria per due anni, Lafarge-Holcim ha dovuto riconoscere di aver agito in maniera “inaccettabile” e il suo amministratore delegato, Eric Olsen, ha annunciato misure per evitare situazioni del genere creando un comitato denominato, testualmente, “etica, integrità e rischio”. A una settimana da quell’annuncio, il gruppo franco-svizzero torna a far parlare di sé perché si propone come costruttore del muro trumpiano di duemila chilometri tra Stati Uniti e Messico (progetto miliardario che approderà in questi giorni al Congresso americano). Questa volta ci si difende con tre argomenti: il progetto è legale, noi non abbiamo opinioni politiche, se non lo facciamo noi lo fanno altri. Qui primeggia un altro atteggiamento: conta solo l’affare, e, sottinteso, Trump può procurarcene altri.

Questa vicenda può portare a due considerazioni.

Al giudizio etico alla volte l’economia non può sfuggire. Capita però sempre a fatto compiuto e dall’esterno, quando si è coinvolti in un tema sensibile (il terrorismo, ad esempio) perché ti mette a confronto con tutta l’opinione pubblica o la reazione di un ente pubblico. È una sorta di etica a scoppio ritardato. Che di solito costa niente, ma induce a creare comitati e codici etici per ridarsi un’immagine oppure a rifugiarsi in giustificazioni, come la sopravvivenza dell’impresa o, ipocritamente, la salvaguardia dei posti di lavoro.

I codici etici abbondano ormai in imprese e banche. In Svizzera, ad esempio, esistono nel 97 per cento delle imprese con più di 10 mila impiegati e nel 93 per cento delle strutture medie. La loro efficacia dipende dalla sincerità dei dirigenti e dalla cultura dell’impresa, conscia o meno di avere anche funzione e responsabilità sociali. Potrebbe essere l’etica-guida di comportamento. Una recente indagine dell’agenzia fiduciaria Ernst &Young scopriva comunque che in Svizzera quasi il 40 per cento dei dirigenti d’impresa ammettevano comportamenti non etici o illegali per far funzionare gli affari e il 18 per cento accettava di manipolare i risultati finanziari per raggiungere i propri obiettivi. Si potrebbe concludere che economia e finanza credano in una sola definizione di etica: etica è ciò che è buono per se stessi.

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