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Sviluppo economico: la geografia conta!

di Pietro Veglio

  • 20 May 2015, 12:20
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Porto in Germania

  • Keystone

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Plusvalore 20.05.2015, 14:20

La posizione geografica è uno dei fattori che condiziona lo sviluppo economico di un Paese. Così, i paesi marittimi sono avvantaggiati rispetto a quelli che non hanno un accesso diretto al mare. Non è infatti un caso se nelle statistiche onusiane i 45 paesi che non beneficiano di questo vantaggio sono classificati come poveri. Dei 15 paesi in fondo alla classifica secondo l’indice di sviluppo umano – indice aggregato che oltre al reddito procapite tiene conto del grado di alfabetizzazione e della speranza di vita alla nascita – 8 non hanno un accesso diretto al mare. Si tratta di paesi africani subsahariani. Se comparati con paesi in situazioni simili quelli non marittimi registrano un reddito procapite inferiore del 40%.

Per loro l’handicap più importante è costituito dalle difficoltà nel trasporto e spedizione di merci da e per il porto d’imbarco rispettivamente di sbarco delle esportazioni e importazioni. E’ vero che i trattati internazionali garantiscono ai paesi senza littorale l’accesso portuale nei “paesi di transito”. Ma la responsabilità di gestire le infrastrutture portuarie incombe alle amministrazioni dei “paesi di transito”. Le quali hanno pochi incentivi per ampliare le infrastrutture esistenti, spesso vetuste, o per costruirne delle nuove, in particolare per permettere l’immagazzinamento ed il trasporto delle merci in containers. Tali Infrastrutture beneficerebbero primordialmente il paese limitrofe. Inoltre le pratiche amministrative doganali devono essere effettuate sia nel paese di transito che nel paese di destinazione, con il corrispondente aumento dei costi di immagazzinaggio e sdoganamento. Ciò è aggravato dalla tendenza endemica alla corruzione delle amministrazioni doganali con il conseguente proliferare di tangenti e mazzette prelevate dal personale locale a chi esporta ed importa.

A loro volta gli investitori locali e stranieri considerano con diffidenza le opportunità di investimento nei paesi non marittimi perché sanno che i flussi commerciali possono essere bruscamente interrotti a dipendenza di eventi politici e scioperi nei paesi di transito. Per esempio, nel 2013 lo sciopero dei dipendenti dell’amministrazione doganale cilena di Arica, all’estremo nord del Cile, causò gravi problemi di transito e ritardo alle importazioni destinate al mercato boliviano.

Questo tipo di rischi è ancora più elevato in alcuni paesi africani dove gli scioperi ed in conflitti interni sono relativamente frequenti e le interruzioni dei flussi commerciali possono avere pesanti conseguenze negative sulle economie dei paesi senza accesso al mare. Le interruzioni nei flussi commerciali obbligano questi ultimi a riorientare il loro commercio di transito da e verso altri paesi vicini, con costi addizionali e ulteriori ritardi nell’approvvigionamento di beni essenziali. Gli imprenditori locali sono quindi costretti ad accumulare scorte sostanziali per far fronte ad eventi imprevisti, con perdite di competitività nei confronti degli imprenditori di altri paesi. Infine nei paesi non marittimi le istituzioni pubbliche sono generalmente deboli anche perché non hanno potuto approfittare dello spirito di innovazione legato ad un commercio marittimo florido che storicamente ha caratterizzato altri paesi.

Certo, ci sono eccezioni importanti, a cominciare dalla Svizzera. Ma globalmente la geografia conta, eccome!

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