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Troppe critiche per la vecchia Europa

di Gianfranco Fabi

  • 24 marzo 2017, 13:20
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Venerdì 24 marzo 2017 alle 12:20

Troppe critiche per la vecchia Europa

Plusvalore 24.03.2017, 13:20

Domani nella capitale italiana l’Europa festeggia se stessa. I 60 anni di quello che è passato alla storia come il Trattato di Roma sono stati e saranno ancora l’occasione per guardare al futuro, un po’ attraverso gli occhiali della celebrazione, un po’ con la speranza di poter aggiustare i tanti problemi e le altrettante incertezze che circondano il futuro dei 27 paesi.

Mai come in questo periodo il cammino dell'Europa infatti è contrassegnato dalle critiche, dalla prese di distanza, dalle accuse di aver tradito l'idea originaria. In questa linea va il commento nei giorni scorsi in questa stessa rubrica del professor Sergio Rossi che ha posto l'accento sull'incapacità europea di sostenere gli investimenti, anche attraverso un maggiore indebitamento nei momenti di difficoltà.

Ma a fianco delle critiche mi sembra giusto sottolineare alcuni importanti elementi positivi.

Non è infatti retorica al di là dei tappeti rossi e degli squilli di tromba, affermare che l’Unione europea ha garantito il più lungo periodo di pace della storia moderna.

Non è retorica ricordare l’infittirsi degli scambi, non solo finanziari e commerciali, ma anche e soprattutto tra le persone e le culture, scambi resi possibili dall’abolizione delle frontiere, dalla moneta unica, così come dalle iniziative per gli studenti come il progetto Erasmus.

Ma c’è anche un più silenzioso, ma almeno in parte efficace, aiuto strutturale con i fondi comunitari alle aree meno sviluppate: fondi spesso utilizzati male dai singoli governi (come è accaduto in molte regioni del sud Italia) e che in altri casi hanno invece contribuito a migliorare sostanzialmente la dotazione delle infrastrutture in paesi come la Spagna e il Portogallo.

Si può ricordare che il trattato di Roma prevede lo sviluppo di una politica della concorrenza come uno dei compiti cruciali per la creazione di un mercato unico e per la promozione del benessere dei consumatori. È proprio i consumatori hanno tratto vantaggio dalle liberalizzazioni in molti settori come quelli delle telecomunicazioni, del trasporto aereo, dell'energia dove la concorrenza ha sollecitato l'efficienza gestionale e l'impiego delle nuove tecnologie e ha ridotto in maniera progressiva i costi per i servizi. Aumentando di fatto i redditi disponibili delle famiglie.

La crisi economica ha comunque messo a dura prova l’Unione per le regole del trattato di Maastricht. Ma queste regole sono servite anche a limitare l'espansione di una spesa pubblica che spesso i governi sono tentati di utilizzare a soli fini di cercare nuovi consensi.

E peraltro le regole sono tutt'altro che rigide: basti pensare che sia la Germania che la Francia hanno superato da tempo la soglia del 60% del rapporto tra debito e prodotto interno lordo e che l'Italia ha continuato a far salire il proprio debito nonostante la promessa formale, al momento dell'ingresso nella moneta unica, di ridurlo lentamente, ma progressivamente.

Certo le regole stupide, come ha definito alcuni anni fa il trattato di Maastricht l'allora presidente dell'Unione europea, Romano Prodi, restano regole stupide anche se vengono interpretate secondo la convenienza e la forza dei singoli paesi.

L'Unione europea tuttavia è nata e rimane frutto di un progetto essenzialmente liberista, un progetto sulla scia del modello di economia sociale di mercato che era un punto di forza della politica tedesca e in cui si ponevano in prima linea, insieme alla libera iniziativa, la solidarietà e l'impegno sociale.

L'Europa si trova quindi di fronte ad una svolta difficile. In fondo le classi politiche tradizionali sperano che il populismo e le tentazioni nazionalistiche possano essere sconfitte da un nuovo periodo di crescita economica. Ma anche la crescita si presenta a più velocità. Con una Germania e paesi del Nord che hanno tassi di sviluppo significativi e una disoccupazione ai minimi livelli e un’area mediterranea ancora in difficoltà soprattutto sul fronte del lavoro. E restano ferite ancora aperte come quella della Grecia.

L' Europa è stata e rimane comunque una grande opportunità. Il vero problema è che spetta tuttavia ancora e sempre di più ai singoli paesi compiere i passi giusti per sfruttare tutte le occasioni.

La burocrazia di Bruxelles avrà tanti difetti, ma forse bisognerebbe ricordare che i dipendenti dell'Unione sono meno di quelli del Comune di Roma.

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