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The Hateful Eight

Il nuovo film di Quentin Tarantino

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Tarantino è forse l’ultimo grande anarchico del cinema hollywoodiano. Non ha regole, schemi, se non quelle che impone il suo istinto. Da sempre innamorato dei film western e soprattutto dello spaghetti western del maestro Sergio Leone, dopo Django Unchained, Quentin torna a dipingere cowboy e pistoleri in The Hateful Eight.

Film che perlomeno nel lungo preambolo del polveroso far west non ha nulla, visto che butta i suoi protagonisti in un candore bianco, con un'infinita distesa innevata, che fa da contraltare alla da subito evidente grettezza di Samuel L. Jackson e Kurt Russel. Ma questo è Tarantino, uno che che i contrasti ce li ha nel sangue. Glaciale l’inizio, in tutti i sensi; il freddo, il gelo sui volti dei protagonisti The Hateful Eight riesce letteralmente a passarli agli spettatori.

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Poi inizia il gioco, perché Tarantino chiude i suoi protagonisti in uno sporco saloon e li lascia lì per quasi tutto il film. Tutti contro tutti. C’è sicuramente il sapore ironico dello spaghetti western, come dicevamo, ma ci sono anche gli omaggi al cinema americano delle origini, con i ritratti eroici di questi duri cowboy, c’è come al solito una violenza cartoonesca, che nello stile di Tarantino spinge sull’iperbolico, riuscendo così a rendersi quasi farsesca. Il vero genio di Tarantino però esce fuori nelle venature horror che dà a The Hateful Eight, citando a piene mani La Cosa di John Carpenter.

Quindi ricapitolando: western, spaghetti western, horror, commedia dark corale. A questo cocktail si aggiunge la musica di Ennio Morricone, che Tarantino ha paragonato durante una recente intervista a Mozart e Beethoven, per ottenere il quadro di un grandissimo film, un grandissimo di film di Quentin Tarantino.