Arbeit macht frei
Modem

Dachau, per non dimenticare

Commemorato il 70. dalla liberazione del primo campo di concentramento della barbarie nazista

  • 4.5.2015
  • 31 min
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"Arbeit macht frei". La scritta campeggia fin dal 22 marzo 1933 sul piccolo cancello dell’ampia grata che chiude quello che fu il primo campo di concentramento nazista, il campo di Dachau, a soli 17 km da Monaco. Luogo di orrori, strumento di morte. Un’eclissi della ragione, la negazione umana, voluto da Heinrich Himmler, presidente della Polizia di Monaco, appena un mese dopo la presa del potere di Adolf Hitler.

Vi furono rinchiuse oltre 200mila persone, più di 41mila morirono giustiziate, o morte di stenti o furono cavie di un genocidio scientifico. Inizialmente tutte considerate nemiche del Terzo Reich, per cui necessitava una loro rieducazione politica: monarchici, comunisti, sindacalisti, religiosi, militanti di partiti di opposizione al nazismo. Poi divenne struttura per eliminare indesiderati, assistiti, immigranti, asociali, inabili o “di vita indegna”: mendicanti, senza tetto, immigrati, omosessuali e appartenenti a “razze” considerate Untermenschen, sub-umane: ebrei, polacchi, russi, slavi, zingari, sinti, rom.

L’apertura del campo – che fece da modello per tutti i lager nazisti costruiti successivamente – fu addirittura anticipata e sul giornale Münchner Neuesten Nachrichten, il 22 marzo 1933, da Himmler stesso con questa terribile giustificazione: “Abbiamo preso questa decisione nella certezza di agire per la tranquillità del popolo e secondo il suo desiderio.” Prese vita in quel campo "lo spirito di Dachau, il terrore senza pietà", che dilagò nella gigantesca rete di lager nazisti, circa 20mila, costruiti in tutta la Germania, e poi nei territori occupati.

Pochi i sopravvissuti ancora in vita che hanno partecipato domenica 3 maggio alla commemorazione per i 70 anni dalla liberazione del campo di Dachau da parte dell’esercito americano, e per ricordare tutte le vittime delle atrocità del nazismo. Una commossa cancelliera Angela Merkel, ha invitato a mai dimenticare quegli orrori. Orrori che ci impongono di ricordare per sempre la barbarie dal regime nazista. Nel nostro interesse e nell’interesse delle generazioni future. Per scongiurare il rischio sempre presente di nuove derive.

In un momento di profonda crisi economica, con rigurgiti xenofobi e razzisti alimentati dalla rinascita di movimenti di estrema destra e da nuove paure e ostilità verso lo straniero, Modem ne parla con:

Donatella Della Porta, professoressa di sociologia all’Istituto europeo di Firenze e di scienze politiche alla Normale di Pisa

Lutz Klinkhammer, responsabile del settore Storia contemporanea dell’Istituto storico germanico di Roma;

Regine Krieger, giornalista Handelsblatt

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