Formalmente si tratta di un voto sulla riforma di una parte della Costituzione ma di fatto è un referendum pro o contro il premier Matteo Renzi. È stato lo stesso capo del Governo che ha messo in gioco il suo mandato legandolo all’esito della consultazione popolare; una consultazione che, questa volta, non è legata al consueto quorum partecipativo del 50% degli elettori + 1 voto.
In sintesi la riforma prevede un cospicuo ridimensionamento del ruolo del Senato, una limitazione delle prerogative delle Regioni e la soppressione delle Provincie. Un programma che vede di fatto schierati sul fronte del no tutti i partiti compresa una frangia dello stesso Partito Democratico, partito che comunque difende il proprio Capo di Governo. La contesa è seguita con attenzione e apprensione anche da Bruxelles e dai mercati che vedono in una possibile vittoria del no una fonte di instabilità politica ed economica per tutto il continente.
Modem analizza il risultato del referendum italiano con:
Loris Centola, Head of Research and Head of Business Development del Credit Suisse group;
Piero Ignazi, politologo;
Eric Jozsef, corrispondente a Roma per Libération, Le Temps, RTS;
Claudio Micheloni, senatore PD;
Thomas Paggini, Inviato RSI a Vienna (per degli eventuali aggiornamenti sul voto austriaco).
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