di Giancarlo Dionisio
Questa affermazione l'aveva fatta Nairo Quintana in conferenza stampa dopo il suo successo sul Blockhaus. La Colombia è un paese che cerca il riscatto attraverso lo sport, investendo denaro e risorse soprattutto nel ciclismo. I risultati dei vari Quintana, Gaviria, Henao, Pantano e Atapuma non devono stupire. Il paese latinoamericano sta portando anche aria di festa attraverso i colori sgargianti della sua bandiera, il sorriso dei suoi fans, l'urlo musicale ed esplosivo dei suoi cronisti, roba da fare invidia a quelli brasiliani del calcio.
Non si deve tuttavia cadere nella tentazione di ridurre il boom del ciclismo colombiano ad una pura e semplice espressione folkloristica. Si tratta della risposta latina, quindi calda e festosa, al freddo rigore scientifico del ciclismo britannico; una risposta fatta di lavoro, ricerche, applicazione e reclutamento. Il movimento in Colombia è vastissimo, ricchissimo e diversificato come il suo territorio che si sviluppa tra 0 e 4000 metri. Da colonizzati, i Colombiani si sono trasformati in colonizzatori. Al Giro finora hanno vinto 5 tappe su 13, 4 con Gaviria, 1 con Quintana, che da domani trova il terreno ideale per incrementare il bottino. Può sembrare un'enormità, e lo è, se lo si considera dal punto di vista del ciclismo europeo in preoccupante perdita di velocità. E pensare che siamo solo all'inizio.
Giro d'Italia, l'arrivo della 13a tappa (19.05.2017)
RSI Ciclismo 19.05.2017, 17:46