Arte

Georgia O’Keeffe

La pittrice che amava il deserto

  • 15 novembre 2023, 08:22
  • 15 novembre 2023, 12:01
Georgia O'Keeffe nel 1965

Georgia O'Keeffe nel 1965

Di: Francesca Cogoni

Austera, solitaria, indomita, libera. Georgia O’Keeffe (1887-1986) è stata una delle più grandi protagoniste dell’arte del Novecento. Nella sua sessantennale carriera, la “madre del modernismo americano”, come viene spesso ricordata, è riuscita a tradurre le forme e i ritmi della natura in opere magnetiche e dal forte impatto visivo, intrise di mistero e armonia.

Georgia O’Keeffe, Grey Blue & Black-Pink Circle, 1929

Georgia O’Keeffe, Grey Blue & Black-Pink Circle, 1929

  • Dallas Museum of Art, Gift of the Georgia O‘Keeffe Foundation © Dallas Museum of Art

“Quel che di ineffabile e inesplicabile si trova in natura mi convince sempre più che il mondo si estenda ben oltre la mia comprensione. Tentare di capire creando una forma. Provare la sensazione di infinito sulla linea dell’orizzonte, o appena sopra la collina successiva” leggiamo nella raccolta dei suoi scritti, Memorie (ed. Abscondita, 2003). Quella stessa sensazione di ineffabilità e di infinitezza da lei sentita, colta e resa con sapienza sulla tela possiamo percepirla anche noi ogniqualvolta contempliamo i suoi splendidi dipinti. Una retrospettiva assai interessante è stata proposta dalla Fondation Beyeler nel 2022.

“Dove sono nata e come ho vissuto è poco importante. È quello che ho fatto dei luoghi dove sono stata che dovrebbe interessare”.
È così: con il suo stile unico, Georgia O’Keeffe ha comunicato la bellezza, la magia, la sacralità di un luogo così come di un piccolo dettaglio, per esempio la corolla di un fiore. È anche vero, però, che la sua esistenza non convenzionale e il suo profondo legame con il selvaggio sud-ovest americano hanno contribuito non poco a fare di lei una pittrice dall’aura mitica.

Georgia O'Keeffe, Abiquiu, New Mexico, 1960

Georgia O'Keeffe, Abiquiu, New Mexico, 1960

  • Getty Images

Georgia O’Keeffe nasce il 15 novembre 1887 in una fattoria del Wisconsin, da una facoltosa famiglia di allevatori e agricoltori. Fin da piccola riceve lezioni private di disegno e pittura ed è spronata a sviluppare le sue doti artistiche, che non tardano a manifestarsi, accompagnate da una personalità decisamente anticonformista. Già all’età di dodici anni, Georgia sa che da grande farà l’artista, anche se non ha ancora le idee chiare su che cosa significhi essere un’artista. Quel che è sicuro è la sua fascinazione per i paesaggi aspri e sconfinati. Un’attrazione che non la abbandonerà mai.

Georgia O’Keeffe, Black Mesa Landscape, New Mexico - Out Back Of Marie’s II, 1930

Georgia O’Keeffe, Black Mesa Landscape, New Mexico - Out Back Of Marie’s II, 1930

  • © Georgia O’Keeffe Museum; 2021, ProLitteris, Zurich

Nel 1903, Georgia O’Keeffe si trasferisce con la famiglia in Virginia e un paio d’anni dopo inizia a frequentare l’Art Institute di Chicago, proseguendo poi gli studi all’Art Students League, importante scuola d’arte newyorkese. È in questo periodo che visita per la prima volta l'avanguardista galleria 291 del fotografo Alfred Stieglitz, dove ammira i disegni di nudo di Auguste Rodin.

Georgia O’Keeffe, Pelvis With The Distance, 1943. Indianapolis Museum of Art at Newfields

Georgia O’Keeffe, Pelvis With The Distance, 1943. Indianapolis Museum of Art at Newfields

  • © Georgia O’Keeffe Museum; 2021, ProLitteris, Zurich

Dopo una breve esperienza lavorativa come grafica pubblicitaria a Chicago, Georgia O’Keeffe si riavvicina alla pittura frequentando i corsi di Alon Bement, allievo di Arthur W. Dow, tra i primi artisti americani a discostarsi dalla pittura tradizionale, rifiutando la fedele rappresentazione della realtà. Tra le letture che Bement consiglia alla giovane Georgia vi è Lo spirituale nell’arte di Kandinskij, libro che la pittrice manterrà sempre tra i suoi riferimenti. Ben presto, l’artista realizza che non vuole continuare a copiare gli altri, bensì esprimere liberamente e senza vincoli le sue sensazioni: “Ho delle cose in testa che nulla hanno a che fare con ciò che mi è stato insegnato: forme e idee talmente vicine a me, talmente in sintonia con il mio modo di essere e di pensare che non mi è mai passato per la testa di utilizzarle in pittura”.

Georgia O’Keeffe, Jimson Weed - White Flower no.1, 1932. Crystal Bridges Museum of American Art, Bentonville, Arkansas

Georgia O’Keeffe, Jimson Weed - White Flower no.1, 1932. Crystal Bridges Museum of American Art, Bentonville, Arkansas

  • © Georgia O’Keeffe Museum; 2021, ProLitteris, Zurich

Mentre comincia a insegnare arte, prima all’Università della Virginia, poi in Texas e South Carolina, Georgia O’Keeffe approfondisce le teorie di A.W. Dow al Teachers College della Columbia University, facendo tabula rasa del passato. Tra i primi risultati di questa presa di coscienza vi è una serie di suggestivi disegni a carboncino in cui forme organiche e geometriche si intrecciano. Per il tramite di una sua amica, tali disegni finiscono a sua insaputa nelle mani di Stieglitz, che nel 1916 li espone nella sua galleria, definendoli “puri, belli e sinceri”. In breve tempo, tra la pittrice e il fotografo inizia un lungo scambio epistolare.

Alfred Stieglitz, Georgia O'Keeffe - After Return from new Mexico, 1929

Alfred Stieglitz, Georgia O'Keeffe - After Return from new Mexico, 1929

  • © Georgia O’Keeffe Museum. Gift of The Georgia O'Keeffe Foundation

Durante la sua permanenza in Texas, Georgia O’Keeffe trascorre il suo tempo libero compiendo lunghe escursioni nella pianura texana e nei vicini canyon. Sente con forza il richiamo della natura e le molteplici emozioni che questa suscita in lei si traducono in acquerelli dai colori intensi. Nel frattempo, il rapporto con Stieglitz si trasforma in un solido legame sentimentale. Il fotografo convince Georgia a trasferirsi a New York e inizia a ritrarla in maniera quasi ossessiva, facendone la sua modella e musa (negli anni, le dedicherà oltre 300 scatti). Con il sostegno di Stieglitz, che sposa nel 1924, Georgia può dedicarsi alla pittura. Tra gli inverni trascorsi nella Grande Mela e le estati a Lake George, nell’enorme tenuta di famiglia del fotografo, dipinge incessantemente. Nei suoi quadri iniziano a comparire fiori dai colori vividi e dalle forme monumentali ed essenziali. Saranno i primi di una lunga serie. “Un fiore è relativamente piccolo […] noi non abbiamo tempo, quel tempo necessario all’osservazione attenta, così come all’amicizia vera. Se dipingessi il fiore esattamente come mi appare, nelle sue dimensioni naturali, nessuno riuscirebbe a vederlo realmente. Così mi sono detta: dipingerò quel che vedo, quel che il fiore significa per me, ma lo dipingerò grande per indurre la gente a prendersi il tempo di osservarlo. Indurrò perfino gli affaccendati newyorkesi a vedere quel che io vedo nei fiori”.
C’è chi intravede in questi fiori dai calici giganteschi dei riferimenti erotici, ma la O’Keeffe rifiuterà sempre categoricamente queste interpretazioni.

Oltre ai maestosi quadri floreali, l’artista realizza anche numerose vedute di New York. Ad affascinarla della metropoli sono soprattutto le forme geometriche e le luci. Dall’appartamento al trentesimo piano del nuovissimo hotel Shelton, dove vive per qualche tempo con Stieglitz, Georgia O’Keeffe ha modo di osservare la città da una prospettiva privilegiata. Dipinge in particolare i nascenti grattacieli, la loro verticalità che si confonde con l'atmosfera.
Tela dopo tela, mostra dopo mostra, nel corso degli anni Venti, Georgia O’Keeffe si afferma come una delle pittrici più talentuose della scena americana, ottenendo i suoi primi grandi riconoscimenti, tra cui la personale al Brooklyn Museum di New York nel 1927 e l’acquisizione di un suo dipinto da parte del Metropolitan Museum of Art.

Nel 1929, su invito della scrittrice e mecenate Mabel Dodge Luhan, la pittrice si reca per la prima volta in New Mexico e resta rapita dalla peculiarità e vastità del paesaggio desertico. Da questo momento in poi continuerà a recarsi in questo territorio per lunghi soggiorni estivi. Durante le sue avventurose escursioni in automobile tra canyon, vallate e letti di fiumi prosciugati, Georgia O’Keeffe trasforma la sua spaziosa Ford modello A in un atelier nomade e si ferma a dipingere riportando sulla tela le sensazioni che quello scenario silenzioso e riarso provoca in lei. Spesso torna a casa con ossa e crani di buoi e di animali selvatici per utilizzarli poi come soggetti dei suoi dipinti. “Ho colto fiori dove li ho trovati, ho raccolto conchiglie e pietre e pezzi di legno […] Quando ho trovato le belle ossa bianche nel deserto, le ho raccolte e le ho portate a casa… Ho dipinto questi oggetti per esprimere ciò che significavano per me la vastità e il miracolo del mondo in cui vivo”.

Tra le colline di sabbia rossastra e le mesas del New Mexico, Georgia O’Keeffe si trova veramente a casa, il suo costante bisogno di tranquillità e solitudine è pienamente soddisfatto. Così, nel 1945, acquista una vecchia hacienda nel piccolo villaggio isolato di Abiquiu. È una tipica costruzione fatta di argilla essiccata al sole, completamente in rovina, ma se ne innamora subito e decide di farne il suo rifugio. Vi si trasferirà definitivamente nel 1949, tre anni dopo la morte di Stieglitz.

E mentre l’artista si ritira nel deserto, una grande retrospettiva al Museum of Modern Art di New York nel 1946 ‒ prima mostra personale che il museo dedica a una donna ‒ ne sancisce una volta per tutte lo straordinario talento e ne consolida la fama. Negli anni successivi, Georgia O’Keffee varca per la prima volta i confini statunitensi e intraprende lunghi viaggi, prima in Messico, poi in Europa, India, Medio ed Estremo Oriente, Perù. A colpire la sua attenzione non sono soltanto i paesaggi che ammira in giro per il mondo, ma anche i panorami che osserva dall’aereo, tanto da trovare ispirazione per una nuova affascinante serie di quadri, raffiguranti soprattutto corsi d’acqua visti da una prospettiva a volo d’uccello.

Georgia O’Keeffe, From The Lake no. 1, 1924. Des Moines Art Center, Nathan Emory Coffin Collection

Georgia O’Keeffe, From The Lake no. 1, 1924. Des Moines Art Center, Nathan Emory Coffin Collection

  • © Georgia O’Keeffe Museum; 2021, ProLitteris, Zurich

A partire dall’inizio degli anni Settanta, però, una degenerazione maculare compromette progressivamente la vista della pittrice. Per questo le sue ultime tele sono fatte soprattutto di ricordi e memorie.
Nonostante ciò, Georgia O’Keeffe non rinuncia alla sua vocazione creativa e negli anni Ottanta si avvicina all’arte ceramica, grazie al supporto del giovane assistente Juan Hamilton, che riveste un ruolo importante negli ultimi anni della sua vita. Incredibilmente vitale e attiva, Georgia O’Keeffe continua a lavorare e viaggiare fino all’età avanzata, ma nel 1984 è costretta a lasciare la sua amata isola felice di Abuquiu e a trasferirsi a Santa Fe, dove muore due anni dopo, all’età di 98 anni. Secondo la sua volontà, le sue ceneri vengono sparse attorno al Ghost Ranch in New Mexico, tra i suoi luoghi dell’anima.

Georgia O’Keeffe, Patio With Cloud, 1956. Milwaukee Art Museum, Gift of Mrs. Edward R. Wehr

Georgia O’Keeffe, Patio With Cloud, 1956. Milwaukee Art Museum, Gift of Mrs. Edward R. Wehr

  • © Georgia O’Keeffe Museum; 2021, ProLitteris, Zurich

“Nessuno può osservare un suo quadro senza esserne profondamente commosso” disse di lei l’insigne fotografo Ansel Adams, suo grande amico. Sì, quello di Georgia O’Keeffe era un modo di vedere e di dipingere audace e radicale, capace di toccare davvero nel profondo. Una pittura intima e al contempo potente, libera come lo era lei: “Un buon dipinto non dipende solo dal fatto che rappresenti un albero o una collina: è fondamentale che l’insieme delle sue linee e dei suoi colori dica qualcosa. Per me questa è la base della pittura. Nell’astrazione trovo spesso la forma che meglio definisce quella cosa intangibile che sento dentro di me e che riesco a chiarire solo con la pittura”.

Basilea, una retrospettiva su Georgia O’Keeffe

Telegiornale 19.02.2022, 21:00

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