L'arrivo della serie televisiva è l'occasione per riscoprire il fumetto che ha lanciato l'autore di American Gods e Coraline, un capolavoro capace di rendere felice qualsiasi amante della letteratura
“Ad Albert Einstein fu chiesto una volta come fosse possibile rendere i bambini più intelligenti. La sua risposta fu semplice e geniale: “Se volete che un bambino sia intelligente leggetegli delle favole. Se volete che diventi più intelligente, leggetegli più favole”. Aveva capito il valore della lettura e dell’immaginazione. Spero che potremo dare ai nostri figli un mondo in cui leggeranno, e saranno letti, e immagineranno, e capiranno.”
Negli ultimi anni, Neil Gaiman ha condotto un'attività di oratore piuttosto intensa, in giro per gli Stati Uniti tra prolusioni, lectio magistralis, conferenze varie. Al centro dei suoi discorsi pubblici, come nel caso di questa citazione tratta da quello tenuto a Londra davanti ai soci della Reading Agency inglese (che possiamo definire il secondo intervento più famoso, il primo è sicuramente quest'altro), c'è invariabilmente l'importanza della narrazione, o – per farla più semplice – delle storie.
Intendiamoci, non si tratta certo di idee rivoluzionarie per chiunque viva di narrativa, e non stupisce che arrivino dallo scrittore che ha avuto l'impatto più potente sulla cultura popolare di lingua anglosassone dell'ultimo mezzo secolo, paragonabile in questo senso solo a Stephen King. Però nel caso di Gaiman risultano idee particolarmente calzanti, perché la sua opera, più che in altri casi di successo, è frutto della sua abilità di rielaborare narrativa precedente, a partire da classici fondamentali come Shakespeare e Dante per arrivare allo stesso King e a Clive Barker, che dalle due sponde dell'Atlantico dominavano le classifiche tra gli anni Settanta e Novanta.
La capacità di digerire e rielaborare le storie già lette, viste e sentite nel passato, fino a ottenere un distillato completamente nuovo, è forse la più importante per ogni narratore dell'epoca post-postmoderna fondata sulla figura dell'artista-DJ (in questo caso, scrittore-DJ), che campiona, taglia, cuce, inserisce interpolazioni e crea nuovi legami tra materiali pre-esistenti. Come ha scritto di lui Sir Terry Pratchett, gigante del fantasy britannico, “[Neil Gaiman] non è un mago, ma un prestigiatore. I maghi non devono lavorare: agitano le mani, e la magia semplicemente accade. Ma i prestigiatori... i prestigiatori lavorano molto duramente. In gioventù passano molto tempo a osservare, con grande attenzione, i migliori prestigiatori del loro tempo. Cercano vecchi libri di trucchi e leggono anche tutto il resto, perché la storia stessa è solo uno spettacolo di magia. Osservano il modo in cui le persone pensano e i molti modi in cui non lo fanno. Imparano come usare molle e meccanismo per far aprire le porte di un grande tempio con un semplice tocco, e come far squillare le trombe.” Ecco.
I trucchi (magici o meno, sarà il lettore a deciderlo) di Neil Gaiman hanno funzionato, nel corso degli ultimi quattro decenni, sui media più disparati: fumetto, letteratura, cinema, televisione. Sempre con enorme successo, testimoniato una volta di più dall'unico sigillo universale di popolarità della nostra epoca, quello di Google: digitando “Neil” sulla maschera di ricerca, il suo nome appare per primo tra i suggerimenti, davanti a quello del primo uomo sulla luna e del cantautore capace di vendere cento milioni di copie in mezzo secolo di carriera. I premi Nebula, Hugo, British Fantasy, World Fantasy e Eisner impallidiscono, di fronte a un'onorificenza del genere.
L'arrivo su Netflix dell'adattamento televisivo di Sandman rappresenta la chiusura di un cerchio per la carriera di Gaiman, che ha visto spesso trasformate in cinema e tv le sue opere, ma mai il fumetto che per primo gli ha dato la fama, e che tuttora è considerato il suo capolavoro, nonostante l'unanime apprezzamento critico ottenuto da American Gods, Coraline e Il figlio del Cimitero, solo per citare le opere letterarie più note. Eppure sarebbe difficile negare che la qualità del ciclo di Sandman – 75 episodi in formato comic book, usciti tra 1988 e 1996 – eguagli o sorpassi non solo il resto della narrativa prodotta dallo stesso Gaiman, ma la maggior parte della narrativa occidentale dell'ultimo mezzo secolo tout court. All'inizio degli anni Novanta, Norman Mailer aveva definito Sandman “un fumetto per intellettuali – era ora!”, e a qualche decennio di distanza viene quasi da sorridere pensando come, ancora a quei tempi, il fumetto fosse considerato poco più che una discarica per idee letterarie di quarta categoria. Ma come poteva essere di quarta categoria un'opera capace di citare, più o meno sottilmente e nell'arco di poche pagine, Il mago di Oz, Jorge Luis Borges, la Bibbia e i Velvet Underground?
Per Gaiman, Sandman è solo la storia di una “famiglia disfunzionale”: quella degli Endless, gli Eterni, sette entità che sovrintendono al funzionamento dell'universo. Disperazione, Desiderio, Destino, Distruzione, Delirio, Morte e Sogno non sono esattamente divinità, anche se ci assomigliano molto. Ma ovviamente non è tanto questa idea di fondo a rendere Sandman altissima letteratura, quanto la capacità di costruire uno sterminato mondo metanarrativo dalla carica simbolica potentissima, capace di insistere con leggerezza pop su temi esistenziali e metafisici assoluti: il funzionamento dell'universo, la presenza del divino nelle cose umane, la circolarità del tempo, l'essenza dell'eternità, il rapporto tra sogno e realtà. Sandman è un'opera di remix a circuito chiuso, o se preferite tornare a Borges, una biblioteca di Babele potenzialmente infinita. Il protagonista Morfeo, Sogno degli Eterni, è un contenitore e un generatore di storie, oltre che un ragazzo dark ben più insicuro di quanto sarebbe lecito aspettarsi da un dio. La sua insicurezza verrà superata nel corso dei settantacinque episodi della saga, attraverso un percorso di accettazione di sé e del proprio ruolo che si muove tra la dimensione cosmica e quella, intima, dei sentimenti mortali.
Il ciclo di episodi intitolato La stagione delle nebbie, primo vero capolavoro letterario tra quelli contenuti nella serie a fumetti, è emblematico da questo punto di vista: Sogno visita l'inferno, dove scopre che Lucifero, stanco, non vuole più governare quel regno. L'angelo caduto gli consegna la chiave che ne garantisce la proprietà e la responsabilità, un regalo che assomiglia a una maledizione: la notte seguente, Morfeo riceve la visita di decine di divinità, che bramano di impossessarsi del regno di demoni e dannati. Eppure, in questo contesto altissimo (persino due angeli del Paradiso si presentano alla porta di Morfeo) la scrittura di Gaiman riesce a mantenere al centro dell'attenzione del lettore il dilemma molto terreno e molto intimo del re del sogno, oppresso dalla responsabilità del ruolo che ricopre.
E quando arriva il momento di risolvere la trama nell'unico modo possibile rimasto, cioè con l'intervento di un classico deus ex machina, Gaiman sceglie il Dio della cristianità. In poche pagine, dimostra così che non esistono luoghi proibiti o temi negati alle buone storie, anche se trentacinque anni fa non era affatto scontato che uno sceneggiatore di fumetti si permettesse di mescolare con tale naturalezza sacro e narrazione popolare.
La capacità di remix del Gaiman scrittore-DJ rischia però di mettere in ombra la sua eccellenza nell'ideazione di trame. Perché quest'ultima, in fondo, è ciò che distingue uno scrittore capace da uno eccezionale, visto che nella nostra epoca di buoni DJ ce n'è in abbondanza. Gaiman invece dimostra la rara capacità di dominare un affresco enorme, ricco di sottotrame sempre nuove, che riesce a portare a termine con un finale tanto sorprendente quanto inevitabile. La sua natura di infinito combinatore e creatore di storie avrebbe potuto far continuare il personaggio di Morfeo, potenzialmente, all'infinito. Dopo cinque anni di pubblicazioni, Gaiman era diventato a tutti gli effetti una star, e avrebbe potuto facilmente capitalizzare la fama ottenuta fino a quel momento. Invece non ha cambiato i suoi piani: quella storia doveva terminare, lasciare spazio ad altre. Nell'ultimo ciclo narrativo di Sandman, Le Eumenidi, l'abilità dell'autore risplende come quella dei massimi tessitori di trame della storia della letteratura: livello Agatha Christie, verrebbe da dire per citare un'autrice lontana anni luce dalle atmosfere e dai temi di Neil Gaiman, ma altrettanto britannica.