Filosofia e Religioni

Rivoluzione animale

Invito ad una nuova antropologia

  • 15 December 2020, 23:00
  • 31 August 2023, 10:27
  • FILOSOFIA
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  • ©Ti-Press/Tatiana Scolari
Di: Mattia Cavadini

Dell’animale e dell’infante (colui che è senza parola) è lo stare fiducioso verso l’Aperto, verso ciò che ha da venire; uno stare con la morte senza vederla. Stato di grazia, che viene prima del rumore della storia, che non si cura della morte, perché in esso tutto è naturaliter (financo lo spazio che la morte prospetta). È uno stare "dentro le cose", nel loro corso e non di fronte ad esse; è un restare dove c’è posto senza chiedersi il perché.

Guardando l’animale o l’infante, si trova la via per muovere dal vuoto, dalla separazione, per rimuovere la distanza, ed immergersi nelle cose. Pienezza delle cose e dei gesti: come se tutto avvenisse per la prima volta e fosse per sempre. Istante dell’eternità. Pienezza del tempo, che non conosce passato né futuro, assorbito nello spazio dell’accadere: tempo-incanto, tempo-stupore. E poi pienezza delle cose: cose senza nomi, splendenti nella loro essenza. Cose-cose e non cose-parole: pura sostanza, come all’alba della creazione.

La nuova antropologia dovrà configurarsi come recupero dell’infanzia e dell’animalità. Essere senza perché, come la rosa di Silesius: La rosa è senza perché/Fiorisce perché fiorisce/Che tu la guardi non chiede/ A sé stessa non bada. Infanzia e animalità intese come umiltà: essere bassi, dimorare legati alla terra, all’humus. Nietzsche docet: Si deve essere ancora vicini ai fiori, alle erbe e alle farfalle come i bambini, che non sono molto più alti di loro. […] Chi vuol prendere parte a ogni cosa buona, in certe ore deve anche saper essere piccolo. (F. Nietzsche, Umano, troppo umano)

Sensazione immediata, pura, senza la mediazione del linguaggio. Uno stare sull’Aperto, in raccolto godimento dell’epifania delle cose. Uno stare nell’accettazione del proprio destino, senza passione, senza desiderio, senza giudizio, senza opinioni. Un sedere e guardare l’accadere del mondo: l’erba che continua a crescere, il glicine che si aggroviglia, la morte che si intreccia alla vita. Un vivere senza interrogarsi, nella consapevolezza che il mondo è, senza perché. E che questa, in fondo, è la sua grazia. Per cui non resta che viverne la pienezza, adattarsi al suo ritmo, disporsi verso l’Aperto, senza resistenze, naturaliter. Come fanno, appunto, gli animali e gli infanti, ammantati di grazia celeste (Matteo 18,3).

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