Il 15 novembre 2025 Frida degli Abba compie 80 anni. Millevoci ha colto l’occasione per dedicare una puntata al celebre quartetto pop svedese.
Gli 80 anni di Frida - al secolo Anni-Frid Synni Reuss, contessa di Plauen in quanto già moglie del principe tedesco Ruzzo Reuss Von Plauen - indurrebbero a parlare ancora, una volta di più degli Abba. Ma cosa aggiungeremmo a ciò che si è già detto e scritto, visto e sentito nel corso degli anni a questo mito imperituro? Nulla credo; le parole risulterebbero consumate, lise, inutili tanto sono stati sviscerati, raccontati e oggetto di analisi socioculturali. E dal 1974, da quando cioè trionfarono all’Eurovision e spiccarono il loro epico volo. Sarebbe come sgranare un rosario laico, intonare. Recitare la solita litania. Parleremmo delle vendite colossali (400 milioni di album), degli streaming, dei loro look, dei pruriti e delle tempeste ormonali che le due silfidi nordiche scatenavano tra gli adolescenti di allora. Ma anche dei tour planetari, di come e quanto la radio, la televisione, il cinema, il teatro hanno contribuito a edificarne il mito. Dei tributi e degli omaggi che puntualmente avvengono su scala planetaria, delle innumerevoli cover band e Guggen carnascialesche che ne perpetuano il mito. E perché no, del museo a loro dedicato in quel di Stoccolma o dell’avveniristico avatar show ABBA Voyage. Cosa aggiungere a questa narrazione?
Nel 1999, inviato da Rete Tre a Londra in occasione dei Brit Awards (gli Oscar della musica britannica), incontrai Björn Ulvaeus . Era tra gli ospiti d’onore, non fosse che nelle settimane successive debuttava al Prince Edward Theatre il musical Mamma Mia! che poi, come sappiamo, diventò anche un film campione d’incassi. (Nota bene: il musical rimase in scena a teatro ininterrottamente fino al 2004, per poi spostarsi in un successivo teatro).
Disponibile, educato, accomodante, Mr. Ulvaeus si presentò come un vero gentiluomo di campagna, luogo in cui si era ritirato per scrivere e comporre musica. Mi raccontò la sua versione della storia, parlammo del “miracolo Abba” che tanto miracolo non fu per impegno, costanza sacrifici e abnegazione che profusero nel progetto. Confidò dei diritti d’autore che ogni giorno la sua musica raccoglieva ovunque, a distanza di anni. E soprattutto di quell’assegno in bianco che il patron della Sony gli recapitò poco tempo prima per una singola “reunion”, una sola serata in diretta televisiva: «Potevo scrivere qualsiasi cifra, qualsiasi. Ma dopo aver consultato gli altri membri del gruppo, ringraziando declinai l’offerta e ritornai l’assegno».
Detto ciò, gli 80 anni di Frida accendono una volta ancora, qualora vi fosse necessità, i riflettori sui Re Mida del pop. Ma una riflessione la suggeriscono. La Svezia vanta quasi undici milioni di abitanti, poco più della popolazione elvetica; eppure, è una vera potenza musicale, seconda solo agli Stati Uniti e all’Inghilterra. È la terza potenza mondiale per esportazione musicale. Un’invasione che ha raggiunto ogni angolo dell’orbe terracqueo e che prese avvio proprio con gli Abba 50 anni fa. Spotify come sappiamo è leader mondiale del servizio di streaming musicale, ed è svedese. Come i Roxette, gli Europe, i Cardigans, gli Alcazar, Ace of base, The Ark, il collettivo Swedish House Mafia, Robyn o le più giovani Tove Lo e Zara Larson. Ma l’elenco è tutt’altro che esaustivo. Senza scordare lo sfortunato Avicii che nonostante il successo stellare e lo status raggiunto combatte a lungo contro l’ansia e la depressione. Sfide mentali che purtroppo perde a 28 anni.
Dunque, nel pop, nella dance, nell’elettronica, nell’ indie e nel rock la Svezia sforna “prodotti” capaci di raggiungere le vette delle charts mondiali. Ne scrisse già il giornalista John Seabrook, firma autorevole del New Yorker e autore del libro The Song Machine: dentro la fabbrica delle hit. Anche lui attratto da questo costante e unico fenomeno. La Svezia è il primo paese per export di musica pop per abitante, sia in termini di royalty che di vendite; terzo in assoluto, dopo Stati Uniti e Regno Unito.
Il segreto di tale successo, di questo “ghiaccio bollente”? Una combinazione di organizzazione e cultura. Procediamo con ordine: la lingua inglese è praticamente parlata da tutti. Gli stessi Abba già nei primi anni ’70 scrivevano in inglese permettendosi dunque l’accesso al mercato globale. Le scuole di musica giocano un ruolo importante: sono tante e accessibili a chiunque. La musica è parte importante dei programmi scolastici sin dalla tenera età. Si incoraggiano i bambini e gli adolescenti allo studio della musica e degli strumenti. Secondo un dato recente il 30% dei giovani è iscritto a un corso musicale. Il paradosso è che molte di queste scuole spuntarono come funghi anche per difendere “la vera musica svedese” dall’invasione della “dance”. Oggi oltre alla musica e agli strumenti tradizionali nelle scuole si impartiscono lezioni anche di djing, elettronica e hip hop.
Da non sottovalutare la qualità degli studi di registrazione nati negli ultimi decenni, così come le etichette discografiche, davvero numerose, quali ad esempio la Labrador Records, che ha generato negli anni una moltitudine di artisti che hanno monopolizzato gli auricolari di milioni di giovani nel mondo.
Inoltre, esistono “personalità” che dietro le quinte hanno portato la Svezia sul tetto del mondo; ad esempio, Max Martin! Chi? Direte voi. Max Martin, al secolo Karl Martin Sandberg è un produttore, compositore e paroliere che negli ultimi 30 anni ha piazzato una trentina di canzoni ai vertici delle classifiche mondali. Canzoni, alcune anche prodotte, per Backstreet Boys, gli ‘NSync, Britney Spears, Katy Perry, Taylor Swift, The Weeknd giusto per citarne alcuni. Le cronache ci raccontano che Martin è persona schiva, rifugge i riflettori, non ama apparire e ha rilasciato solo un paio di interviste nella sua carriera. Ma ciò non gli ha certo impedito di plasmare un suono e uno stile riconoscibile, amato e di grande successo planetario. Qualche anno fa era l’autore che aveva piazzato più hit al numero uno della classifica di Billboard, la bibbia musicale, dopo la coppia Lennon-McCartney.
A questi rilevanti fattori dobbiamo aggiungere lo storico e fecondo rapporto che sussiste con l’Eurosong, spesso territorio di caccia privilegiato e la multiculturalità degli artisti e produttori svedesi. Che hanno la capacità di fare squadra e di “muoversi” in modo organico al netto delle individualità e dei protagonismi. Et voilà il gioco è fatto, l’arcano è svelato, forse.
Tornando alla festeggiata, sappiamo che la sua vita non è stata solo rose e fiori, anzi. Frida risiede da tempo in Svizzera, Friborgo prima Zermatt poi e, dopo la morte del principe, vive col compagno Henry Smith, 5° visconte di Hambleden dedicandosi al volontariato, organizzando iniziative benefiche. Norvegese di nascita, naturalizzata svedese Frida è “figlia” di un abominevole progetto di eugenetica voluto dai nazisti durante il conflitto mondiale: il “Progetto Lebensborn”, volto alle nascite di ariani puri. Suo padre era dunque un soldato tedesco, mentre la madre, norvegese, rispondeva ai requisiti che ricercavano i nazisti. Frida crebbe senza conoscere questa verità, convinta che il padre fosse morto; anche perché a due anni con madre e nonna si trasferì in Svezia. E fu proprio la nonna a crescerla dopo la prematura scomparsa della madre. La verità, la terribile verità relativa alla sua nascita, Frida l’apprese da adulta, incontrando una sola volta il padre e successivamente cadendo in depressione. Dalla quale uscì con difficoltà, impegno e fatica.
Buon compleanno, Frida!
Millevoci 14.11.2025, 10:05
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