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L'uomo che pensò l'impensabile

Marco Alloni sulle tracce di Antonin Artaud

  • 23 gennaio 2019, 11:45
  • 14 settembre 2023, 09:46
Artaud

«I pazzi sono le vittime per eccellenza della dittatura sociale… Noi reclamiamo che questi forzati della sensibilità vengano liberati». Con queste parole Antonin Artaud, nella prima metà del Novecento, si scagliò contro i primari dei manicomi, avendo lui stesso dovuto subire l’ingiuria e la ferocia degli elettroshock e della reclusione negli ospedali psichiatrici dell’epoca.

Il grido di Artaud, acuto e straziante, ha investito ogni forma di istituzione sociale, invocando l’apertura dei manicomi e delle carceri. Il suo tentativo è stato quello di scardinare l’intero corpo sociale nel nome dell'anarchia e della libertà. Ed è per questo che è stato silenziato, recluso, «suicidato».

Attorno a questo grido inascoltato nasce il pamphlet di Marco Alloni, intitolato Antonin Artaud: L'uomo che pensò l'impensabile ed edito da Clinamen (Firenze). Un libro che va letto per capire i motivi per cui la figura e l’opera di Artaud siano state rimosse.

Lo scasso di ogni logica che Artaud proclamava sfuggiva infatti ai tentativi di addomesticamento e omologazione che la macchina della normalità cercava di imporgli. Il suo furore era fastidioso, faceva paura. Eppure nei suoi testi c’era qualcosa di nuovo, di inaudito, di potente. Era la forza dello sregolamento, della follia: «conosco uno stato fuori dallo spirito, dalla coscienza, dall’essere, e dove non ci sono più né parole né lettere, ma in cui si entra per grida e per colpi. E non sono più suoni o sensi a venir fuori, niente parole, ma Corpi».

Ed è a questa forza inaudita (che nasce da un corpo violentato, carcerato, ferito ma che ha saputo trasformarsi in scrittura) che occorre tornare, non solo per capire la macchina della rimozione che vige dentro il malato Occidente, ma anche per farsi un'idea delle infinite potenzialità che la scrittura in sé custodisce. Ed è in questo senso che il libro di Alloni è prezioso.

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