Società

Il diritto di manifestare

Sono svizzero, manifesto ma non troppo

  • 10 maggio 2023, 08:37
  • 31 agosto 2023, 11:14
Nel 1918, in occasione di uno sciopero generale svizzero, i lavoratori scioperanti si radunano in una piazza di Bellinzona

1918: i lavoratori si radunano in piazza a Bellinzona

  • Keystone
Di: Dario Tabellini

Esattamente 105 anni fa si tenne in Svizzera il primo grande sciopero generale del ventesimo secolo. Quel 12 novembre 1918, 250’000 lavoratrici e lavoratori scesero in piazza per difendere valori che oggi sono diritti acquisiti, quali il voto alle donne e l’assicurazione vecchiaia e superstiti, per tutte e per tutti, ma che all’epoca erano lungi dall’esserlo.

Oggi, a più di un secolo di distanza, una manifestazione come quella del 1918 avrebbe potuto svolgersi in Ticino? La domanda sembra scontata ma la risposta, purtroppo, non lo è affatto.

Sciopero delle donne

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Manifestare: un diritto fondamentale illimitato?

In Svizzera, il diritto a manifestare deriva dall’articolo 16 par. 2 e dall’articolo 22 della Costituzione, che sanciscono rispettivamente la libertà di espressione e la libertà di riunione. Il diritto a manifestare è quindi un diritto fondamentale previsto dalla Costituzione.

Fondamentale non vuol però dire illimitato. Ogni diritto fondamentale può comportare delle restrizioni, se esse trovano fondamento in una base legale e se sono correttamente motivate, segnatamente, da un interesse pubblico preponderante.

Per quanto riguarda le restrizioni in materia di diritto a manifestare, in Svizzera vale il principio secondo il quale lo svolgimento di una manifestazione rappresenta, sempre e comunque, un “uso speciale” del demanio pubblico. Per “uso speciale” si intende un utilizzo più intenso rispetto all’uso al quale il luogo pubblico specifico è normalmente destinato. Se si tratta di una strada, per esempio, l’uso normale è costituito dal transito di veicoli e/o pedoni mentre “l’uso speciale” potrebbe essere lo svolgimento di un corteo o di una marcia podistica. Ogni “uso speciale” di poca intensità del demanio pubblico è soggetto ad autorizzazione (art. 10 par. 2 della Legge sul demanio pubblico del Canton Ticino), ne consegue dunque che ogni manifestazione è soggetta all’autorizzazione dell’autorità competente.

L’obbiettivo di questa restrizione è quello di garantire ad ogni cittadina e ad ogni cittadino la possibilità di usufruire del suolo pubblico nella maniera più “normale” (nel senso di consueto, abituale) possibile. Il diritto a manifestare in Svizzera è quindi sì un diritto fondamentale ma è un diritto fondamentale ristretto o, per meglio dire, condizionato dall’obbligatorietà del rilascio di un’autorizzazione.

Sciopero del clima

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Autorizzazione a manifestare: peculiarità ticinesi

Nella maggior parte dei casi le manifestazioni si svolgono su suolo pubblico di competenza comunale (strade, piazze o parchi ad esempio). L’autorità che rilascia l’autorizzazione a manifestare è quindi un’autorità comunale.

Come detto precedentemente, un diritto fondamentale può essere ristretto unicamente se esiste una base legale. Nello specifico ogni comune dovrebbe pertanto dotarsi di uno strumento legislativo (ordinanza o regolamento comunale) che preveda le condizioni e la procedura amministrativa da seguire in vista del rilascio di un’autorizzazione a manifestare.

E qui sorgono i primi problemi. Ogni comune ticinese è effettivamente dotato di una procedura specifica al riguardo? Questa procedura è accessibile alle cittadine e ai cittadini del comune?

Purtroppo, vista la difficoltà a reperire via web le raccolte delle leggi comunali, soprattutto per quanto riguarda i piccoli comuni, è impossibile esprimersi in modo definitivo in materia. Dubito però fortemente che ogni singolo comune ticinese abbia adottato le misure legislative necessarie.

Personalmente credo che una procedura cantonale e non comunale, come è il caso nel Canton Ginevra (vedi legge cantonale ginevrina, Loi sur les manifestations sur le domaine public), possa non solo fornire ai comuni più piccoli gli strumenti legislativi adeguati che li aiutino nella gestione procedurale, ma possa altresì condurre alla standardizzazione di una procedura che in Ticino è a dir poco eterogenea. Al riguardo, vorrei citare l’esempio di Bellinzona, Locarno e Lugano.

Cominciamo da Locarno, comune nel quale, in caso di manifestazione, una richiesta scritta deve essere presentata con almeno un mese di anticipo all’Ufficio manifestazioni del comune. La decisione sul rilascio dell’autorizzazione è di competenza del Municipio. La pagina web del comune specifica che tutte le richieste tardive non sono considerate.

Purtroppo, nonostante il comune di Locarno si sia dotato di un Regolamento sull’occupazione del suolo pubblico, questo menziona unicamente i criteri di rilascio di una concessione, senza trattare minimamente la procedura da seguire in caso di autorizzazione. In quale ordinanza o regolamento è previsto che l’organizzatrice o l’organizzatore debba presentare un’autorizzazione con almeno un mese di anticipo? La raccolta delle leggi del comune di Locarno non ha una soluzione.

Per quanto riguarda il comune di Bellinzona, in caso di manifestazione occorre inoltrare una richiesta con due mesi di anticipo. Una richiesta scritta deve essere presentata all’Ufficio cultura ed eventi, la decisione finale spetta, anche qui, al Municipio. Nel caso di Bellinzona la raccolta delle leggi online è purtroppo incompleta e non è possibile trovare materiale legislativo al riguardo. È ignoto se i criteri procedurali applicati siano effettivamente fondati su una base legale o piuttosto su una semplice prassi amministrativa.

Infine, per quanto riguarda Lugano, il sito internet della città ci informa che chiunque sia interessato ad organizzare una manifestazione deve inoltrare una Istanza Annuncio Eventi all’Ufficio autorizzazione eventi con ben sei mesi di anticipo. L’amministrazione del demanio pubblico comunale è, anche in questo terzo caso, di competenza del Municipio.

Se la città di Lugano chiede tempi di preavviso sei volte superiori rispetto a quelli richiesti a Locarno si dà atto che il comune sottocenerino si è dotato, perlomeno, degli strumenti legislativi adeguati in materia: la procedura da seguire, l’autorità decisionale competente e la durata minima di preavviso trovano infatti fondamento in una base legale.

Mafalda

Da questi tre esempi si possono tirare più conclusioni:

  • In primis, si può notare come le estreme diversità procedurali abbiano un effetto sul vero e proprio diritto a manifestare di una cittadina o di un cittadino. Per una o un abitante di Locarno è molto più facile scendere in piazza che per una cittadina o un cittadino di Lugano, che, dal canto suo, dovrà organizzarsi con sei mesi di anticipo.

  • Secondariamente, il fatto che i tempi di richiesta di autorizzazione siano così lunghi non fa che scoraggiare la cittadina o il cittadino a manifestare. Se si volesse, ad esempio, indire una manifestazione per protestare oggi contro una nuova tassa applicata la settimana scorsa dal comune di Lugano, non si potrebbe farlo. O si potrebbe, ma solo fra sei mesi, quando la notizia non sarà più d’attualità e l’attenzione del pubblico e della politica sarà oramai scemata.

  • Per quanto riguarda poi la legalità della procedura, si può constatare come l’esigenza di autorizzazione (che ricordiamo è di fatto una limitazione di un diritto fondamentale) spesso non sia fondata su una base legale. Una pura prassi amministrativa non può infatti essere considerata come un fondamento sufficiente. Una base legale deve sempre e comunque sussitere.

  • Appare inoltre evidente come il dover rispettare tempistiche di richiesta così lunghe non faccia altro che spingere cittadine e cittadini a manifestare in maniera non autorizzata, soprattutto quando si tratta di temi di estrema attualità. Infatti, se la volontà di manifestare esiste ed è forte, una semplice barriera amministrativa non è spesso sufficiente ad impedire una manifestazione. Le forze dell’ordine si trovano così nella scomoda posizione di dover gestire una manifestazione che non solo non è stata autorizzata ma della quale, per di più, non conoscono le particolarità (percorso, organizzatrici o organizzatori principali, data di inizio/fine…).

  • Infine, le lacune e l'inidoneità legislativa possono portare le autorità municipali a concedere autorizzazioni nonostante il non rispetto delle tempistiche di richiesta. L’obbiettivo dell’autorità è evidentemente quello di recuperare un minimo di controllo sulla manifestazione ma il risultato sarebbe una violazione della legislazione comunale. Ma se l’autorità comunale rischia di non poter rispettare le tempistiche di richiesta da lei stessa fissate, che ragione hanno queste di esistere?

Manifestazione Berna contro i campi profughi

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  • KeyStone-ATS

Il sistema di autorizzazione e gli standard internazionali

Il principio di autorizzazione a manifestare è riconosciuto in tutta la Svizzera. Questo principio è però in forte contraddizione sia con le linee guida dell’OSCE sia con l’opinione del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto di riunione pacifica e la libertà di associazione. È loro opinione che bisognerebbe prediligere un sistema di notifica preventiva invece di un sistema di autorizzazione. Nonostante l’incoraggiamento dell’OSCE, la Svizzera non ha mai accolto questa richiesta di cambiamento di paradigma.

La differenza tra autorizzazione e notifica è chiara. In un regime di autorizzazione la cittadina o il cittadino richiede allo stato la possibilità di manifestare. Si tratta, come detto in precedenza, di un diritto condizionato, un diritto che la cittadina o il cittadino acquisisce se lo stato considera che tutte le esigenze e i prerequisiti necessari sono stati rispettati. In un regime di notifica preventiva, invece, la cittadina o il cittadino annuncia allo stato la sua volontà di manifestare, lo stato, che riconosce implicitamente tale diritto, fa di tutto affinché la manifestazione possa avere luogo senza problemi. Nel primo caso la cittadina o il cittadino si trova in una posizione di sudditanza rispetto all’autorità dello stato. Nel secondo caso, invece, lo stato è al servizio della cittadina e del cittadino e si adopera al meglio perché i diritti fondamentali di tutte e di tutti siano rispettati.

Va riconosciuto che subordinare una manifestazione di cittadine e di cittadini ad un’autorizzazione da parte dell’autorità amministrativa comunale rischia di avere una valenza quantomai dissuasiva della libera iniziativa della cittadina e del cittadino. Il rischio è di indurre l’individuo a desistere dal manifestare, desistere dall’organizzare una manifestazione (compito spesso delegato ad organizzazioni già fortemente radicate nel tessuto sociale e con esperienza al riguardo, quali sindacati, partiti politici, associazioni…) e desistere dal proporre e aderire a manifestazioni spontanee, non contemplate da questo modello.

Per quanto riguarda invece il criterio di “uso speciale”, evocato precedentemente, lo stesso Tribunale Federale è costretto ad ammettere che questo utilizzo è però quasi sempre conforme alla destinazione del luogo pubblico utilizzato dalle e dai manifestanti. In Svizzera esistono ancora due cantoni, Appenzello Interno e Glarona, in cui le cittadine e i cittadini si riuniscono nella piazza della capitale in Landsgemeinde e deliberano sugli oggetti in votazione per alzata di mano, una storica peculiarità elvetica. Che cos’è il voto se non la partecipazione massima della cittadina o del cittadino nella vita politica del proprio cantone? Che cos’è una piazza se non il fulcro della vita sociale e politica di una comunità? La piazza, declinazione contemporanea dell’antica Agorà greca, ha come scopo precipuo la condivisione e l’incontro tra cittadine e cittadini. L’utilizzo della piazza a questo fine non può essere ridotto ad un mero “uso speciale”, non c’è niente di più “naturale” che esprimere un diritto fondamentale come la libertà di espressione e di riunione nello spazio pubblico per eccellenza.

Manifestazione Berna a sostegno dei rifugiati

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  • KeyStone-ATS

Conclusione

Lo sciopero generale del 12 novembre 1918 venne indetto in seguito all’occupazione militare della città di Zurigo voluta dal Consiglio Federale. Il 6 novembre 1918 il governo elvetico decise di schierare la cavalleria del generale Ulrich Wille per far fronte a possibili moti di protesta di piazza. Quello stesso 6 novembre, in risposta alla decisione del Consiglio Federale, il Comitato di Olten lanciò l’appello allo sciopero generale del 12 novembre.

È il caso quindi di ripetere la domanda posta all’inizio di questo articolo. Oggi, a più di un secolo di distanza, una manifestazione come quella del 1918 avrebbe potuto svolgersi in Ticino?

Nella fattispecie l’appello allo sciopero avvenne 6 giorni prima della manifestazione. Anche nel comune di Locarno, il più conciliante dei tre comuni analizzati, la richiesta di autorizzazione deve pervenire al Municipio con almeno un mese di anticipo. Sei giorni di anticipo sono largamente insufficienti, la procedura non sarebbe stata quindi rispettata e la manifestazione sarebbe stata considerata come non autorizzata.

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