Arte

Qual è il senso dell’arte?

Uno strumento terapeutico per migliorare la nostra vita

  • 29 October 2019, 02:16
  • 14 September 2023, 07:45
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Henri Matisse, La danza
  • Henri Matisse, La danza
Di: Andrea Sala

Interrompa subito la lettura chi non ha mai provato imbarazzo o vergogna di fronte a qualche opera presente in un museo d’arte. Perché alcuni oggetti, pur detenendo lo status d’opera d’arte, non riescono ad emozionarci? Perché a volte non riusciamo ad entrare in contatto con loro? Tranquilli, secondo lo scrittore e filosofo svizzero Alain De Botton non è colpa nostra. De Botton, fondatore della School of Life, crede infatti che la sensazione d’inadeguatezza che talvolta pervade il nostro animo alla vista di oggetti a noi apparentemente estranei, non derivi dalla nostra ignoranza (benché essa sia premessa ed apertura alla conoscenza), bensì dal modo in cui l’arte viene insegnata, venduta e presentata dal suo establishment.

Intervista ad Alain De Botton

RSI Protagonisti 27.09.2017, 10:39

Mi spiego meglio. Le istituzioni culturali, dai musei alle gallerie d’arte, si preoccupano prevalentemente di ordinare le proprie collezioni secondo gli stili in voga in un determinato periodo storico e/o in una determinata regione geografica, valorizzandone così gli aspetti estetici e didattici, ma senza porsi domande sulla funzione e sull’utilità che quest’ultime possono avere per la nostra vita. Nel panorama artistico moderno prevale infatti il motto “l’arte per l’arte”, espressione adottata per designare il principio secondo il quale l’arte non deve avere altri fini che sé stessa, rifiutando così l’idea che possa esistere per un fine specifico.


E se invece l’arte avesse uno scopo che è possibile illustrare in modo comprensibile? Secondo De Botton, per individuare tale scopo dobbiamo riflettere su cosa ci risulta difficile fare con la mente e le emozioni. In questo senso l’arte può essere uno strumento capace di compensare alcune nostre debolezze, la cura ideale per le nostre
fragilità psicologiche. Nel libro
Art as Therapy, scritto in collaborazione con lo storico dell’arte John Armstrong, gli autori hanno individuato sette fragilità psicologiche, a cui corrispondo altrettanti rimedi. L’arte può diventare così vettore di speranza, guida alla conoscenza di sé, correttivo per una memoria insufficiente, mezzo per esprime la dignità del dolore, guida all’ampliamento dell’esperienza, strumento di risensibilizzazione e fonte di equilibrio. Inoltre, può anche aiutarci ad orientarci meglio in sfere fondamentali e spesso complicate della nostra esistenza, come l’amore (aiutandoci ad amare meglio), il denaro (aiutandoci a spendere meglio i nostri soldi) e la politica (mostrandoci come facilitare l’integrazione sociale e cementare la coesione nazionale).

Esposizione "Art is Therapy"
  • Esposizione "Art is Therapy"

Se la funzione primaria dell’arte è dunque quella di aiutarci a vivere meglio, di conseguenza la missione dei templi in cui essa alberga è quella di agevolarne l’accesso e il dialogo con il pubblico. A questo proposito, la suddivisione attuale delle collezioni all’interno delle istituzioni culturali si rivela inadeguata. Le opere d’arte vengono infatti soffocate sotto il peso delle epoche storiche e delle regioni geografiche, quando invece De Botton crede che dovrebbero essere ordinate secondo i bisogni della psiche umana, dando così manforte alle nostre fragilità psicologiche.

Nel 2014, l’ex direttore del Rijksmuseum di Amsterdam Wim Pijbes, diede mandato a De Botton e Armstrong di concretizzare quanto teorizzato, curando un'esposizione temporanea dal titolo Art is Therapy nel più celebre museo olandese. Ad una selezione di opere vennero applicati, in maniera non regolare, post-it giganti contenenti un testo esplicativo e una fragilità psicologica che l’opera in questione avrebbe dovuto contribuire a guarire o quantomeno accettare. La mostra subì feroci critiche da parte degli esperti, soprattutto in merito all’invadenza dei suddetti post-it e alla banalità di alcuni commenti, ma riscosse un enorme successo presso il pubblico. La ragione di tale successo, nonché idea alla base della mostra, è racchiusa in due dei primi post-it presenti all’entrata del museo:

I tour museali sono normalmente presentati come una possibilità d’imparare qualcosa sull'arte. Questo tour ha un altro obiettivo: vuole usare l’arte par renderti la vita un po’ meno dolorosa. Il protagonista di questo tour non è l’arte, ma sei tu: le tue speranze, le tue delusioni, il tuo dolore e i tuoi desideri – sui quali l’arte può dire cose specifiche e, a volte, utili. […] Non esiste arte che sia grandiosa di per sé, ma solo arte che funziona per te. Non avere paura di chiedere all’arte di far succedere delle cose.

Questa concezione pragmatica e utilitaristica dell’arte è sicuramente atipica e opinabile, ma merita la nostra attenzione e ci permette di riflettere sul ruolo dell’arte all’interno della società contemporanea. In un momento storico dove la religione vive una flessione senza precedenti, il filosofo d'origine svizzera sembra invitare l’arte a riempire il vuoto lasciato da quest’ultima. Elevando le istituzioni culturali a moderne cattedrali, De Botton vuole infatti esortarci a non ridurre l’arte ad un mero esercizio storico-accademico, bensì a concepirla ed utilizzarla come una guida spirituale laica, come uno strumento terapeutico che possa essere fonte d’ispirazione per le nostre anime, portandoci speranza, dandoci coraggio e motivandoci ad essere la versione migliori di noi stessi.

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