Dal Ceresio all'Adriatico: via libera all'anguilla

di Davide Conconi e Elia Regazzi

  • Stampa
  • Condividi
  • a A

Le acque del Ceresio un tempo scorrevano senza intoppi fino all’Adriatico. I pesci risalivano e discendevano questo maestoso corridoio fluviale in tutta libertà, facendone uno dei bacini idrografici fra i più pescosi e ricco di specie d’Europa.

Fra i pesci caratteristici di questa comunità vi è l’anguilla. La cui abbondanza, un tempo, aveva determinato la nascita di strutture particolari sul fiume Tresa: le peschiere.  Situate a Madonna del Piano, nei pressi di Ponte Tresa, cercavano di intercettare e catturare gli adulti che iniziavano la migrazione – la smonta, come dicono gli addetti ai lavori-  verso il Mar dei Sargassi. Un viaggio di migliaia di chilometri che porta le anguille adulte dal Ceresio, e dai suoi immissari, via il Po e via il mare Adriatico, fino al Mar dei Sargassi, situato nell’Atlantico nord-occidentale.

Gli adulti di anguilla, dopo tanti anni vissuti nelle acque dolci, raggiungono questa vasta porzione di oceano per riprodursi. Dopo la deposizione delle uova, gli adulti muoiono. Subito dopo la schiusa le larve cominciano il viaggio a ritroso che porterà le giovani anguille verso le acque interne del nostro continente. Un viaggio insidioso, irto di barriere, fra le quali alcuni micidiali ostacoli costruiti dall’uomo.

Da qualche decennio si assiste alla diminuzione degli effettivi di anguille. Si stima che la popolazione odierna raggiunga appena l’1% dello stock originale!  Il drammatico decremento è probabilmente dovuto a un insieme di fattori negativi, come i mutamenti osservati nel regime delle correnti a livello del Mar dei Sargassi, la pesca eccessiva, l’inquinamento e la modifica degli habitat nelle acque dolci. Di impatto particolarmente negativo risulta essere la costruzione di dighe che frammentano i corsi d’acqua e isolano le popolazioni di anguille.

Un esempio su tutti riguarda le anguille del Lago di Lugano che lungo l’asse Ceresio -Adriatico devono superare ben cinque ostacoli, in realtà quasi o del tutto insormontabili. Il primo è la barriera che regola il livello del lago Ceresio a Lavena Ponte Tresa, il secondo, sempre lungo il fiume Tresa, è la Diga di Creva. Poi, sul fiume Ticino, è la volta della diga di Porto della Torre e, a valle, sullo stesso fiume c’è l’antica diga di Panperduto. Infine, sul Po, in provincia di Piacenza, si erge l’insormontabile diga di Isola Serafini che alimenta una delle centrali idroelettriche a sfioro più importanti d’Europa. Quest’ultima imponente barriera ha di fatto, a partire degli anni ’60, annullato qualsiasi possibilità di comunicazione fra le popolazioni ittiche a monte e a valle della diga. Pesci come storione, anguilla e cheppia hanno visto azzerare le loro possibilità di migrazione da e per il mare. Queste migrazioni, intrinseche alla biologia degli animali, sono indispensabili per la loro sopravvivenza a lungo termine nel bacino del Po.

Per rallentare la tendenza della diminuzione degli effettivi della fauna ittica, già negli anni trenta del ‘900, la legislazione prevedeva di fare qualcosa per deframmentare i fiumi aggrediti da sbarramenti, dighe e barriere. Tuttavia, solo ultimamente grazie anche a progetti di respiro internazionale – finanziati da Europa, Italia e Svizzera - si è giunti a completare le opere di ingegneria per permettere, soprattutto ai pesci, di superare le barriere.

Proprio il 26 febbraio (inaugurato il 17 marzo) si è concluso il complesso cantiere di Isola Serafini, nell’ambito del progetto Life-Conflupo, che ha generato un’immensa, doppia, scala di monta che permette di nuovo ai pesci del fiume di raggiungere il mare e viceversa. Quest’opera si aggiunge a quelle già completate in corrispondenza degli altri quattro sbarramenti sui fiumi Tresa e Ticino. Di fatto l’inaugurazione del passaggio per pesci piacentino coincide con una giornata storica che sancisce la riapertura completa del corridoio faunistico Ceresio-Adriatico, dopo sessant’anni di frammentazioni e barriere. Questo avrà delle conseguenze sicuramente positive sulla fauna ittica di tutto il bacino, dal Ceresio al Po, passando per il fiume Ticino.

Tuttavia, ciò presenta anche qualche elemento di criticità. Infatti, il corridoio viene riaperto con una comunità ittica molto diversa da quella che viveva in queste acque sessant’anni fa. Oggi corsi d’acqua e laghi sono caratterizzati dalla presenza di animali esotici invasivi che potranno approfittare della riapertura del corridoio per diffondersi ulteriormente a scapito della fauna autoctona. Il siluro, per esempio, preoccupa gli addetti ai lavori, soprattutto per quei corpi d’acqua, come il Ceresio, dove questo temibile pesce non è ancora diffuso. Per contrastare l’avanzata degli alloctoni, tutti i passaggi per pesci sono monitorati in permanenza con delle telecamere speciali e alcuni, quello di Isola Serafini in primis, saranno dotati di gabbie di cattura per poter isolare i pesci indesiderati e limitarne così il flusso migratorio e la loro diffusione.

 

Link:

Il progetto ConfluPo

http://www.life-conflupo.eu/prj2013/index.php?lang=it

 

Approfondimento:

I numeri della mega scala per pesci di Isola Serafini:

Il cantiere della scala per pesci di Isola Serafini (opera inaugurata il 17 marzo 2017) si è protratto per due anni, dal 12/01/2015 al 12/01/2017. Le 24 imprese coinvolte, a vario titolo nell’opera, hanno dispiegato oltre un centinaio di addetti per 460 giorni lavorativi sui 731 a disposizione.

Il budget complessivo dell’opera, rispettato, ammontava a 4'800'000 Euro.

L'opera è lunga 645 metri di cui: 65 metri il tratto comune (comprese trappole selettive e cabina di monitoraggio); 220 metri il tratto verso l'alveo naturale; 360 metri il tratto verso l'alveo artificiale (di cui circa 40 metri in galleria).

Il salto idraulico da riconnettere all’ alveo naturale di 9 metri e mezzo è stato diviso in 38 salti da 25 centimetri che generano 37 bacini; mentre il salto idraulico da riconnettere all’alveo artificiale di 11,75 metri è stato diviso in 47 salti pure da 25 centimetri che generano 46 bacini.

Sono decisamente impressionanti le dimensioni degli 83 bacini, che permettono anche ai pesci più grossi di queste acque di affrontare il passaggio. Ogni bacino ha una lunghezza interna utile di minimo 4,75 metri, una larghezza interna utile minima di 2,8 metri e una profondità d’acqua di 2,5 metri.

Per la realizzazione dell'opera è stato necessario sbancare 32'000 metri cubi di materiale e armare 6'300 metri cubi di calcestruzzo con 340 tonnellate di ferro. Il tutto mentre dall’ufficio di cantiere si spedivano 1’604 mail e gli ingegneri provvedevano a scattare 2’711 fotografie per la documentazione di cantiere e per il controllo dell’esecuzione delle infrastrutture così come della sicurezza sul lavoro.

ospite: Tiziano Schneidt