Sui giornali svizzeri qualche giorno fa è comparso un trafiletto di poche righe, introdotto da questo titolo “Jihadista elvetico ha liberato moglie e figlia”. Come se fosse normale che esistano svizzeri (di passaporto, non semplici residenti) che stiano combattendo la guerra santa.Abbiamo assimilato il concetto soprattutto negli ultimi 12 mesi, da quando il fenomeno dei cosiddetti “foreign fighters” ha preso ampio spazio sulla stampa. Migliaia di uomini e donne, cresciuti in Europa (o perlomeno con un forte legame con il Vecchio Continente) pronti a partire per la Siria, pronti a morire per lo Stato Islamico. Le cifre svizzere, dicono che in totale finora sono 62 le persone partite per combattere nella Jihad, di cui una ventina sono tornate nel nostro paese. E allora ovviamente ci si chiede: chi sono questi svizzeri che sognano la nascita di un Califfato ? Cosa li aspetta tra le fila dello Stato Islamico? Come li vede il resto della comunità musulmana e cosa fanno i nostri servizi di intelligence per seguire le loro mosse ?
Ne parliamo con Jean Paul Rouiller, uno dei massimi esperti di terrorismo in Svizzera e con l’Imam di Lugano, Samir Radouan Jelassi.