"Gli autisti sono dipendenti"

Gli autisti di Uber impiegati nel Regno Unito vanno considerati dipendenti, non collaboratori indipendenti. Lo ha stabilito oggi, venerdì, la Corte suprema britannica. La sentenza conferma quella di un precedente grado di giudizio, che aveva dato torto al colosso statunitense e ragione ai lavoratori ricorrenti. La decisione dei giudici costringerà l'azienda a garantire contratti e tutele rafforzate agli autisti, come invocato da tempo da sindacati e autorità locali.

Uber negli ultimi mesi è stata inoltre al centro di uno scontro giudiziario con il Comune di Londra, chiuso col mantenimento della licenza solo dopo diverse concessioni su sicurezza e diritti sul lavoro.

Il verdetto emesso dal collegio di sette membri della massima istanza rappresenta una sconfitta pesante per tutta la "filosofia" organizzativa di Uber, che nel Regno - in particolare a Londra - ha il suo maggior mercato europeo sia sul fronte del trasporto dei passeggeri sia su quello del delivery. Appare inoltre come un precedente in grado di avere un impatto significativo per limitare la deregolamentazione dei rapporti di lavoro anche su una più vasta platea di aziende della cosiddetta "gig economy". Si chiarisce, fra l'altro, che i conducenti sono considerati al lavoro quando hanno fatto il login nella app e sono pronti quindi ad accettare delle corse, e non solo mentre le stanno effettuando.

La compagnia ha detto di accettare la sentenza che, afferma, si riferisce a un numero ristretto dei suoi 65'000 autisti nel paese, che hanno usato l'app nel 2016. "Da allora", afferma, "abbiamo fatto cambiamenti significativi".

Un tentativo di rendere dipendenti anche gli autisti di Uber in California era fallito in novembre, con un voto popolare nello stesso giorno delle presidenziali statunitensi. In Svizzera, sia a Ginevra che nel canton Vaud, i tribunali sono invece giunti alla medesima conclusione di quello britannico.