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Israele al voto con tensioni (1)

Quattro appuntamenti per capire meglio situazione e posta in gioco - Partiamo dal Golan e dagli abitanti di Majdal Shams

  • 5 April 2019, 15:08
  • 9 June 2023, 07:49

Le alture del Golan

RSI/Jonas Marti 05.04.2019, 13:16

Martedì prossimo 9 aprile Israele va alle urne. Un' elezione piena di incognite, perché vede la presenza di un nuovo partito di centro e nazionalista, Kahol Lavan (Blu e Bianco) guidato da tre generali e un giornalista, che insidia per la prima volta l'uscente premier Benjamin Netanyahu. La RSI, con gli inviati Jonas Marti e Jari Pedrazzetti, è andata nello Stato ebraico per capire cosa sta accadendo, in un momento particolarmente concitato

Vivono (e sperano) sulla collina

Bisogna salire sulla collina, e guardare giù verso la valle per capire in un colpo d’occhio che cosa è il Golan. Il panorama che si apre è spezzato in due da una barriera di separazione. Da una parte ci sono i pascoli della Siria, aspri e disabitati. Dall’altra c’è Israele - o meglio quella terra che Israele ha strappato a Damasco nel 1967 e si è annessa nel 1981. In mezzo, addossato al filo spinato e ai campi minati, c’è il villaggio di Majdal Shams che, dicono gli abitanti, “ricorda un campo profughi”, così densamente edificato, affastellato sulle pendici del monte Hermon, il punto più alto di tutta la regione con i suoi 2814 metri.

Il villaggio di Majdal Shams, nel Golan

Il villaggio di Majdal Shams, nel Golan

  • ©Jonas Marti

Un mondo sospeso. Gli antichi rapporti interrotti per sempre. Gli abitanti arabi drusi (“sì, ma ci sentiamo prima di tutto arabi siriani”) divisi dal confine. Fino a qualche anno fa le famiglie separate si parlavano dalle cime delle alture, consegnando le loro parole di affetto a megafoni o microfoni collegati a potenti impianti di amplificazione. “The shouting valley”, la chiamano ancora oggi, “la valle delle grida”. Anche se ormai i tempi sono cambiati, è arrivato Whatsapp e per sapere come sta il cugino oggi ci si scrive sul telefonino.

In questa zona del Medioriente battuta dai venti di alta montagna, vasti orizzonti di struggente bellezza, la dichiarazione di Trump e le elezioni israeliane non turbano gli animi. Qui non ci si aspetta più niente. Bloccati in mezzo a due realtà aliene. Da una parte c’è Israele, che qualche anno fa ha offerto loro la cittadinanza, “ma noi non l’abbiamo accettata”. Dall’altra c’è la Siria, “dove c’è ancora la dittatura di Assad e per ora non vogliamo tornare”. Loro, gli arabi del Golan, sospesi nel mezzo. A osservare quel confine. C’è solo quello. Non si può avere altro che quello.

Jonas Marti

Golan, il confine sospeso

Telegiornale 05.04.2019, 22:00

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