Mondo

Jihad e incoerenza

I tre attentati dell’ISIS contro gli infedeli in Tunisia, Francia e Kuwait

  • 26 giugno 2015, 19:43
  • 7 giugno 2023, 10:10
Il commento di Roberto Antonini (nella foto piccola) sulle stragi odierne tra cui quella nella moschea in Kuwait

Il commento di Roberto Antonini (nella foto piccola) sulle stragi odierne tra cui quella nella moschea in Kuwait

  • ©Ti-Press/Keystone

di Roberto Antonini

Tre attentati messi certamente a segno in maniera coordinata: a Sousse, in Tunisia, contro un resort turistico, nel Kuwait contro una moschea sciita, in Francia contro una centrale a gas nel dipartimento dell’Isère, non lontano da Lione. La scia di sangue del terrorismo jihadista si fa ancor più lunga, i morti sono una cinquantina.

A 6 mesi dalla strage di Charlie Hebdo, a tre mesi da quella perpetrata al museo del Bardo a Tunisi, Daesh, lo Stato Islamico, ritorna con una prova di forza spettacolare oltre che drammatica. Perché colpisce simboli, interessi economici (energia, turismo), antagonisti ideologici (l’Occidente) e religiosi (l'Islam moderato tunisino e la componente sciita in Kuwait). Il Califfato lancia un messaggio chiaro: la guerra religiosa, il jihad contro gli infedeli, non si arresta, anzi avanza a passo spedito, del tutto incurante delle misure di sicurezza. In effetti colpendo la Tunisia e la Francia, ritorna sul luogo dei crimini perpetrati poco tempo fa. La sfida è di quelle che lasciano sgomenti perché mette a nudo la sostanziale impotenza di fronte al terrore adombrando scenari ancora peggiori: basti pensare che a Sud di Lione, lungo il Rodano, vi sono ben 4 centrali nucleari. La strategia e l’ideologia di Daesh non lasciano alcun dubbio sul fatto che nessun bersaglio è moralmente off limits per i fanatici di Allah.

Le stragi odierne interpellano tutti. In particolare in Occidente dove le politiche seguite in Medio Oriente ( in particolare in Iraq con la devastante pax americana e in Libia con il baldanzoso quanto gravido di conseguenze intervento anglo-francese) hanno scoperchiato il vaso di Pandora del radicalismo religioso, che ci appare come il male assoluto in questa fase di destabilizzazione regionale. Gli interrogativi, tra i tanti, riguardano l’enorme incoerenza, foriera di effetti incalcolabili. A cominciare dalla Francia, vittima del terrorismo, ma in prima fila a stringere la mano dei monarchi del Qatar o dell’Arabia Saudita, paesi che più o meno indirettamente sponsorizzano l’estremismo sunnita e il terrorismo jihadista. In particolare, lascia sgomenti l’abbraccio ripetuto di François Hollande al sovrano Saudita Salman, a capo di un paese che finanzia in Europa, Asia, Africa subsahariana le moschee più oltranziste dove viene diffusa l’ideologia wahhabita. Per intenderci quella che sta alla base delle correnti salafite. In altre parole dell’ISIS e di Al Qaida. Sull’altare del business l’occidente chiude entrambi gli occhi sulle violazioni dei diritti umani non una parola, per rimanere a Hollande, sul blogger saudita condannato a 1'000 frustate e 10 anni di carcere, come se la libertà d’espressione valesse solo per la Francia di Charlie Hebdo) , in nome degli stessi diritti umani però, guarda un po’, prende le distanze dall’Iran che è antagonista...dell’Arabia Saudita. L’acme dell’ipocrisia politica.

Se il calcolo, oltre all’interesse economico è quello di accattivarsi le simpatie dei sauditi anche per neutralizzare i terroristi dell’ISIS, quanto successo oggi dimostra ancora una volta con il sangue, che le cose non funzionano per nulla così: i nemici del terrorismo, indipendentemente dalle alleanze di comodo e dalle logiche del business, rimangono gli “infedeli” siano essi sciiti o occidentali. Non è un caso che un manuale wahhabita finanziato dai sauditi e di cui riferisce l’ONG americana Freedom House (manuale citato recentemente dal quotidiano Le Monde) precisa: "i musulmani non devono solo opporsi agli infedeli. Ma devono anche odiarli e combatterli".

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