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"Kim non è un pazzo"

Filippo Fasulo dell’ISPI: "La minaccia atomica è l’unico strumento per permettere al regime nordcoreano di sopravvivere"

  • 3 settembre 2017, 22:11
  • 8 giugno 2023, 10:25
Kim Jong-un

Kim Jong-un

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Sono molti gli interrogativi sollevati da più parti, dopo il potente test nucleare effettuato nella notte tra sabato e domenica dalla Corea del Nord. Le principali incognite riguardano le reazioni della comunità internazionale, a partire da Washington, Mosca e Pechino. Per meglio inquadrare la questione, Giuseppe Limoncello ha intervistato per il radiogiornale di Rete Uno Filippo Fasulo, ricercatore all’istituto di studi di politica internazionale di Milano (ISPI). Di seguito le riflessioni emerse.

Partiamo con la Cina. Cosa farà ora?

Probabilmente non lo sa nemmeno la Cina cosa può fare. La questione nordcoreana sta diventando una spina nel fianco. Per Pechino la questione più importante è la stabilità della regione. Le mosse di Kim Jong-un stanno invece portando a una crescente militarizzazione da parte di Stati Uniti e Corea del Sud. Per la Cina è difficile capire come muoversi e sta valutando diverse opzioni. Va ricordato che questa freddezza nei rapporti con Pyongyang è dovuta anche al fatto che alcuni degli ultimi test missilistici o atomici sono stati organizzati in concomitanza con grandi eventi organizzati in Cina, come il vertice del BRICS, i paesi in forte sviluppo.

La Cina non vuole dare la colpa solo alla Corea del Nord. C’è sempre attenzione alle eventuali provocazioni americane e sudcoreane. Bisogna anche capire quanto la Cina sia davvero interessata a portare avanti delle azioni comuni: Pechino resta il principale attore delle sanzioni e nonostante i proclami ufficiali continua a fare affari con i nordcoreani. Probabilmente i timori di un collasso o di un escalation della crisi inducono Xi Jinping a mantenere un atteggiamento cauto.

Esattamente. I problemi di un’eventuale collasso della Corea del Nord sono di due tipi. Da un lato l’afflusso di rifugiati verso la Cina, dall’altro una Corea del Sud militarmente ed economicamente più potente, con la presenza di truppe statunitensi. La crisi continuerà, ma sembra improbabile che si trasformi in qualcosa di letale. Siamo in una situazione da guerra fredda in cui, chi colpisce per primo, subirebbe un grave attacco dall’avversario. Nel momento in cui la Corea del Nord dovesse dare sfogo alle minacce, il regime verrebbe annientato. Si spera che non avvenga.

Senza dubbio. Cercano di alzare il tiro, un po’ per tastare il terreno con la presidenza americana, un po’ perché sanno di trovarsi di fronte a degli attori internazionali razionali, che difficilmente faranno il primo passo. Siccome il regime vuole soprattutto garantirsi la sopravvivenza, la speranza è che Kim stia alzando il gioco per poter poi negoziare da una posizione più forte.

Deve trovare una posizione comune ed evitare che la Corea del Nord possa appoggiarsi su eventuali divisioni. La Cina dovrà intraprendere azioni più dure mentre l’Occidente dovrà accettare una mediazione con Pyongyang. Una completa resa di Kim non è verosimile. Va anche detto che Kim non è per forza un folle, anzi può essere ritenuto razionale: senza la minaccia atomica, il regime sarebbe già stato rovesciato, coì come è già avvenuto in altre parti del mondo. Più che folle, il suo atteggiamento è realista.

E proprio partecipando al vertice BRICS, il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato il leader cinese Xi Jinping. I due hanno concordato una “appropriata risposta comune”. Quale può essere?

La Cina ha interesse a mantenere in piedi il regime di Kim. Si garantisce così uno stato cuscinetto tra sé e le truppe militari statunitensi, dispiegate in Corea del Sud…

Le provocazioni nordcoreane hanno quindi solo un obiettivo deterrente?

Come può agire allora la comunità internazionale?

Giuseppe Limoncello

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