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Le proteste del Nicaragua

Niente elezioni anticipate, tuona il presidente Ortega. Trecento morti in tre mesi nel paese centroamericano: l'analisi con un esperto

  • 8 luglio 2018, 15:14
  • 8 giugno 2023, 21:46
Una foto scattata nella capitale Managua lo scorso 8 giugno

Una foto scattata nella capitale Managua lo scorso 8 giugno

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Il presidente del Nicaragua Daniel Ortega ha escluso che le elezioni nazionali si terranno prima della data prevista come chiedevano invece le opposizioni. Ortega è apparso in pubblico sabato per la prima volta dallo scorso 30 maggio, mentre il Paese centroamericano è messo a ferro e fuoco dalle proteste contro la presidenza.

Daniel Ortega

Daniel Ortega

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Trecento morti in meno di tre mesi: è questo il bilancio delle proteste, partite lo scorso 19 aprile per contrastare una controversa riforma del sistema sociale, che avrebbe portato alla riduzione delle pensioni e ai programmi di sostegno alla popolazione. Riforma ritirata dal governo anche a causa delle pressioni delle manifestazioni, represse in maniera violenta.
Ma perché i nicaraguensi ora continuano a scendere in piazza? Lo abbiamo chiesto a
Ernesto Medina, rettore dell'Università americana di Managua.

Ernesto Medina

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"Le proteste sono continuate perché alle prime mobilitazioni, piuttosto piccole e limitate, il Governo ha risposto con grande violenza coinvolgendo anche milizie paramilitari. La popolazione ha reagito alla repressione chiedendo il rispetto del diritto a manifestare pacificamente e soprattutto una vera democrazia per il paese, spostando dunque l'oggetto delle proteste. Il Governo nicaraguense da anni è oramai una autocrazia che si regge sull'appoggio dei privati che per avere stabilità e sviluppo economico hanno accettato che la Costituzione venisse violentata."

"Le istituzioni che formano una società democratica, vale a dire l'assemblea nazionale, la corte suprema di giustizia, la procura nazionale, il ministero pubblico, sono state tutte occupate da fedelissimi del presidente Ortega, che ha pervertito così la democrazia. Le proteste di questi mesi rappresentano la maniera del popolo nicaraguense di chiedere una vera democrazia, un vero sviluppo economico sostenibile, che non agevoli solo una minoranza di gente vicina al governo che si sta arricchendo moltissimo grazie alla corruzione oramai evidente."

"Devo dire che è frustrante, oramai è da un mese che tentiamo di portare avanti la discussione senza arrivare a nulla, perché seduti al tavolo non ci sono né il presidente né il vicepresidente, ma semplici funzionari di rango minore che non hanno potere decisionale e ovviamente hanno come unico scopo quello di bloccare il dialogo. Noi abbiamo chiesto di discutere della giustizia per le persone uccise e della democratizzazione del Paese, che per noi significa elezioni anticipate, cambio dei giudici del Consiglio superiore elettorale e riforma della legge elettorale. Il Governo prima ha accettato di discuterne, poi ha affermato invece che questa era la ricetta per un colpo di stato, spostando la discussione sull’esigenza di togliere le barricate, cosa che la gente non vuol fare primo perché è un segno della protesta, secondo perché è una forma di sicurezza affinché la polizia non entri nei villaggi e nei quartieri per picchiare e uccidere la gente. Per queste ragioni il dialogo non ha potuto avanzare."

"È molto difficile e forse è stato anche molto romantico pensare che Daniel Ortega e sua moglie potessero lasciare il potere per le pressioni di una protesta civica, la prima di questo genere in Nicaragua, che ha una storia fatta di violenza ed è stato marcato dalla dittatura militare e non. Non è così facile come noi pensavamo. Ma non abbiamo alternative al dialogo, perché l’altro scenario è quello di una guerra civile. È uno scenario che non voglio nemmeno prendere in considerazione, quindi dobbiamo continuare a protestare pacificamente davanti a un governo pronto a uccidere la sua gente."

Professor Medina, ci spieghi meglio perché secondo lei quella di Ortega oggi è un'autocrazia?

Il Governo però ha chiesto di aprire il dialogo e la Chiesa Nicarguense ha accettato di mediare. Dialogo che stenta a decollare, anche perché la società civile chiede a Ortega di lasciare il potere, cosa che si rifiuta di fare, ma secondo lei – che è uno dei consiglieri dei manifestanti- in un contesto simile è possibile raggiungere un compromesso?

Pensate di riuscire ad ottenere risultati concreti e di arrivare fino alla destituzione del presidente?

Anna Valenti/Red.MM

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