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Un "primo" cittadino afro-americano

Giornata storica oggi a Montgomery, in Alabama. Si insedia il primo sindaco di colore mai eletto finora. La RSI lo ha incontrato

  • 12 November 2019, 12:38
  • 9 June 2023, 16:17

RG 12.30 del 12.11.19 - L'intervista di Emiliano Bos al neo-sindaco di Montgomery

RSI Mondo 12.11.2019, 08:54

Di: Emiliano Bos - corrispondente RSI dagli Stati Uniti

La foto che mostra con più orgoglio non è la sua accanto a Barack Obama. Ma quella color seppia di suo padre - leader degli insegnanti afro-americani in questa città– seduto accanto a Martin Luther King nella Maggie Street Baptist Church, nel 1967.

Incontriamo Steven Reed, 44 anni, nel suo ufficio di “probate judge”, il giudice della contea che si occupa di successioni e questioni immobiliari. Sta per trascolare a un paio di isolati da qui, nel municipio di Montgomery. Da oggi sarà sindaco. Il primo nero a occupare questa carica.

200 anni dopo

Montgomery è stata registrata come città nel 1819. Ci sono voluti due secoli prima di eleggere un afro-americano alla guida dell’amministrazione locale. Oggi è la capitale dell’Alabama. È stata a lungo anche la capitale del mercato degli schiavi nel sud, uno degli snodi del traffico di neri dall’Africa. Arrivavano qui via fiume, l’approdo è a poche centinaia di metri dal centro urbano. Al 122 di Commerce Street, c’era il deposito di schiavi di John Murphy. Nella piazza dove oggi sorge una fontana, i “negroes” venivano venduti all’asta. “probabilmente e allegramente 14 anni”, recitava la pubblicità dei ragazzini trafficati in queste strade. Qualche schiavo veniva pure messo in palio per la lotteria. Un’infamia durata quasi oltre 2 secoli. Fino al 1865. Ci sono voluti quattro anni di guerra civile e il 13eismo emendamento per abolire la schiavitù. Almeno sulla carta.

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Il Memoriale per la giustizia e la pace a Montgomery, un monumento unico negli Stati Uniti. E' dedicato alle oltre 4mila vittime di linciaggi, in maggioranza afro-americani.

  • Emiliano Bos / RSI


Dagli schiavi a Rosa Parks

Montgomery è un museo a cielo aperto. Accanto all’asta degli schiavi quasi un secolo dopo prendeva l’autobus la signora Rosa Parks. C’è una targa a ricordare quella fermata. Da lì – da quel viaggio sul bus interrotto in nome della segregazione razziale – iniziò la sua protesta pacifica ma decisa. Quando l’autista le ordinò di lasciare il suo posto a un passeggero bianco appena salito “Mrs. Parks quietly refused”, garbatamente si rifiutò, come scrive lo stesso Martin Luther King nel suo libro di memorie “Stride towards freedom”, che ho trovato in un’edizione del 1958 nella storica libreria Reed di Birmingham, altra città dell’Alabama coinvolta nella lotta per la “liberazione” degli afro-americani.

Rosa Parks venne costretta a scendere dal bus e arrestata. E da quel viaggio violentemente interrotto iniziò invece il lungo percorso del movimento per i diritti civili. Il giovane pastore Martin Luther King, arrivato da pochi mesi a Montgomery, ne divenne subito il leader.

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L'intervista con Steven Reed nel suo studio, dove per 7 anni ha lavorato come giudice per la contea di Montgomery. Oggi trasloca nel vicino municipio, come sindaco.

  • Emiliano Bos / RSI


Un’eredità pesante

Ci sono voluti 200 anni, chiediamo al neo-eletto sindaco. “Montgomery - come gran parte del sud, e del paese - ha qualche problema nel rapporto tra politica e appartenenza razziale. C’è ancora una certa distanza degli elettori verso candidati che sono diversi da loro” ci dice Steven Reed in questa intervista. Dice che non si è candidato per “fare la storia” e diventare il primo afro-americano. “Ma per fare un futuro agli abitanti di Montgomery”. Il 60% dei residenti sono neri. Qui per una multa si finisce in prigione. Le carceri dell’Alabama sono le peggiori degli Stati Uniti. Qui il passato non è solo nelle targhe commemorative per ricordare eventi e luoghi storici, disseminate a ogni angolo della città. Ma incombe persino quando parcheggi l’auto davanti al nuovo Hotel Marriott, accanto al Legacy Museum, che ricostruisce le storie della schiavitù e delle violenze sugli afro-americani. Se ti affibbiano una multa per errore, è sufficiente mettersi in coda agli sportelli del comune e osservare la persone in coda. Non un bianco. L’unico, nell’edificio, è il poliziotto armato all’ingresso che intima ai cittadini di riportare il telefono cellulare nell’auto parcheggiata fuori. Altrimenti non si può entrare.

Promesse e sogni

Creare fiducia tra la polizia e coloro che devono essere protetti, mi dice Steven Reed quando gli chiedo quali saranno le sue priorità. Sembra ce ne sia davvero bisogno qui a Montgomery. Nel 2012 il neo-sindaco venne eletto come giudice. Finora – dice – sono stato come un termostato, ho registrato eventi e fatti. Ma adesso “voglio essere un termometro e decidere la temperatura della mia città, voglio decidere come poter migliorare la vita di chi abita e lavora qui”. Istruzione, sviluppo economico, buone pratiche. Chissà se ci riuscirà. Le promesse sono quelle di un politico. Però Steven Reed ha anche un sogno, come l’aveva Martin Luther King. “Io guardo a ciò che unisce e non a quello che divide. Sto cercando di cambiare paradigma. Voglio che il mio mandato da sindaco rappresenti la possibilità di costruire ponti”. Non è facile qui nel Sud profondo e conservatore degli USA, dove la memoria è più viva che mai. E viene celebrata nell’incredibile “Memoriale per la pace e la giustizia”: 800 parallelepipedi metallici per ricordare le 4075 vittime dei linciaggi negli Stati Uniti, tra il 1877 e il 1950. Sculture massicce sono appese a cavi metallici, quasi a ricordare che molti morirono impiccati appesi a una fune. Come Calvin Mike, linciato nella contea di Calhoun in Georgia. Colpevole di essere andato a votare. “Il terrore razziale”, lo hanno definito gli attivisti della “Equal Justice Initiative”, promotori di questo museo unico in tutti gli Stati Uniti, proprio qui a Montgomery.

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We will remember. We shall overcome. "Ricorderemo. E dovremo andare oltre", recita la scritta all'interno del Memoriale per la giustizia e la pace di Montgomery.

  • Emiliano Bos / RSI

Il neo-sindaco guarda avanti, consapevole dei capitoli di storia scritti nella sua comunità. Ricorda che a promuovere e tenere vivo il movimento per i diritti civili furono neri e bianchi, insieme. E dopo aver aggregato intorno a sé un gruppo multiculturale e inter-generazionale – afferma – spera di ricreare le condizioni per un cambiamento. Che qui è già avvenuto mezzo secolo fa. “Dobbiamo pensare a ciò che vorremo essere in futuro, senza rimanere intrappolati nel passato”.

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