Cronaca

Silvio, novello Sansone

L'errore di valutazione di Berlusconi, che potrebbe pagarlo a caro prezzo

  • 2 October 2013, 07:51
  • 5 June 2023, 15:40
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E venne il giorno del “parricidio”. In Italia sta per accadere l’impensabile. Una parte del “partito padronale”, così è stato anche definito il Popolo della Libertà (o Forza Italia), sta abbandonando il “padrone”, Silvio Berlusconi. Gli disubbidisce, non lo segue, lo contesta. E decide di salvare il governo Letta-Napolitano delle “larghe intese”.

Al confronto, quella di Gianfranco Fini (“che fai, mi cacci?”) fu una velleitaria e intempestiva contestazione, pagata con l’eclissi politica. Stavolta è profondamente diverso. Stavolta è un autentico terremoto nel centro-destra. Lo scuote fino alle radici, e preannuncia una scomposizione del quadro politico dall’esito ancora imprevedibile per dimensioni e prospettive. Un sisma provocato dallo stesso cavaliere. Da colui che oggi sembra un “Berlusconi-Sansone”. Che ha provocato il crollo del tempio da lui stesso edificato quasi vent’anni fa.

Per scrollarsi di dosso le sue disgrazie giudiziarie (che non sembrano affatto finite con la condanna e l’interdizione della “sentenza Mediaset”), aveva pensato di sparigliare violentemente le carte, di decretare la fine della coalizione, di attaccare frontalmente il presidente Napolitano, di precipitare il paese in una crisi istituzionale senza precedenti (dimissioni di ministri e parlamentari PdL). Prima esitante e contradditorio, poi convinto da falchi e pitonesse del suo “cerchio magico”. Sicuro che nessuno, in un partito dall’inesistente dibattito interno, avrebbe contraddetto la “voce del padrone”, al quale quei deputati e ministri dovevano carriere, onori e onorari. E che li aveva personalmente guidati in una serie di successi elettorali, anche “last minute”, senza uguali nella storia dell’Italia Repubblicana. È stato un clamoroso errore di valutazione.

Per il “bene supremo” del paese - che ieri ha registrato il più alto tasso di disoccupazione degli ultimi 35 anni - , ma anche per timore di essere risucchiati in un baratro senza ritorno (sullo scranno parlamentare e sul libro paga di Senato e Camera), i nuovi auto-proclamatisi “responsabili” della destra lanciano il salvagente al premier del centro-sinistra. Non le “immancabili toghe rosse”, non i “soliti comunisti”, non il “perenne odio della sinistra”. A zavorrare Berlusconi ci pensano i “suoi”. Una parte dei “suoi”. Quanti? Abbastanza per decretare, magari non proprio convintamente, la fine dell’uomo già capace di autentici miracoli elettorali? E non se lo chiede solo l’Italia.

Aldo Sofia

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