In coda per il pane. A Paradiso, in Ticino. Chi l'avrebbe mai detto, fino a poche settimane fa? Poi è arrivato il coronavirus, prima in Cina a dicembre, poi in Europa tra gennaio e febbraio. E di colpo l'epoca di uno dei più lunghi e svagati periodi di pace e prosperità goduti dalla storia dell’umanità sembra svanita.
"E' dalla seconda guerra mondiale che in Svizzera non si vedevano scene del genere. Ricordo ancora quando a noi bambini facevano incollare i bollini dei formulari del razionamento", racconta Ernesto Münger, che il pane lo fa dal 1949. Come suo padre, originario del canton Berna, che nel 1923 aprì la storica panetteria-pasticceria di famiglia a Paradiso.
"C'è il coronavirus, ma noi il pane l'abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo", aggiunge. "Certo ora non è facile. Non so se riuscirò a pagare tutti gli stipendi. Avremo bisogno di un aiuto da parte dello Stato. Ormai vivo alla giornata. Ma la gente ci ringrazia. Il telefono squilla per nuove ordinazioni. E dunque andiamo avanti", prosegue.
"Siamo in orario ridotto, ma lavoriamo sette su sette", gli fa eco il figlio Alberto, terza generazione di panettieri. "Perché la gente, anche se c'è il virus, cerca di fare il possibile per non perdere le sue abitudini", taglia corto Ernesto.
L'attuale emergenza sanitaria ha già travolto la nostra routine quotidiana. Ma il desiderio di normalità, può rivelarsi anche cosi: nell'odore del pane fresco.