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Questa pandemia è una "Big one"

"La nostra risposta non può essere sterminiamo i pipistrelli - dice David Quammen - Vorrebbe dire che non abbiamo ancora capito che noi siamo parte di loro e loro sono parte di noi"

  • 2 April 2020, 08:06
  • 9 June 2023, 21:41
  • COVID-19

David Quammen, autore di Spillover, racconta il Covid-19

RSI/Roberto Antonini 02.04.2020, 12:00

  • ansa

Un virus si trasmette dal pipistrello all'uomo in un mercato del sud della Cina e si diffonde poi in tutto il mondo. È lo scenario presentato da David Quammen nel suo libro Spillover del 2012. Vi avevamo anticipato alcuni contenuti dell'intervista che Roberto Antonini ha realizzato con lui e che è stata diffusa giovedì 2 aprile a Laser (Rete2). Noi ve la proponiamo nella sua versione testuale.

Introduzione: "Non siamo lock, ma siamo down

RA – Pronto, David?

DQ – Sì, pronto. Roberto?

RA – Si, sono Roberto di Radio Svizzera. Allora come va?

DQ – Bene grazie, tutto bene e lei?

RA – Tutto bene, grazie. La immagino molto preso, il suo librio è un best seller mondiale. Sta dando diverse interviste…

DQ – Sì è vero, ma comunque tutto bene anche qui.

RA – Ma, mi dica, in Montana non siete in “lock down” come siamo qui in Svizzera, vero?

DQ – No, non siamo locked, ma siamo down. Mia moglie ed io siamo in auto-isolamento. I nostri animali domestici restano in casa, e ci facciamo portare la spesa a casa. Insomma, qui è ancora tutto organizzato su base volontaria, ma siamo sicuramente down, visto che stiamo applicando il distanziamento sociale e viviamo isolati. Ma mi dica, in Svizzera adesso è obbligatorio?

RA – Sì, di fatto è obbligatorio.

DQ – E non si esce nemmeno per una passeggiata?

RA – Solo per lavoro, per esempio in questo momento sono in uno studio di Radio Svizzera o per prendere aria, ma da soli. E arrivando in auto c’era la polizia che faceva i controlli, mi hanno fermato per chiedermi dove andavo… Insomma, una situazione abbastanza triste ma….

DQ – Ma mi dica Roberto, dove siete esattamente?

RA – A Lugano, nel sud del paese. È la parte peggiore per il Covid-19, perché siamo i più vicini all’Italia. È la zona che confina con la Lombardia. Per capirci siamo circa 40 miglia a nord di Milano. Appena oltre il confine…

DQ – Ahhh capisco…e quanto siete distanti invece da Zermatt?

RA – Da Zermatt siamo distanti circa tre ore in automobile.

DQ – Ma in linea d’aria? Immagino che non sia poi molto lontana ?!

RA – È vero, non è lontana… ma bisogna superare le Alpi.

DQ – Capisco, capisco…

"Impossibile ormai tracciare il percorso del virus"

RA – Allora cominciamo David?! Intanto grazie per il tempo che ci mette a disposizione. Il suo libro è molto bello e istruttivo, e dunque ci fa molto piacere parlarne con lei…

DQ – Volentieri, grazie. Ma mi dica una cosa, è l’edizione italiana che avete nella….Svizzera di lingua italiana?

RA – Sì esattamente. E noi siamo la radio nazionale svizzera, quindi faremo l’intervista in inglese e poi sarà doppiata in italiano…

DQ – Molto bene, sono felice di avere l’occasione di parlare con voi.

RA – Bene, grazie, allora: in primo luogo David Quammen le voglio chiedere in che modo valuta l’attuale epidemia di Covid-19 rispetto a quelle precedenti, in particolare a SARS e ad Ebola? Da una parte sappiamo che il tasso di mortalità è molto più basso, sia di Ebola sia della SARS, ma allora come mai secondo lei tanta paura? C’è qualcosa in questa situazione che non ha nessun precedente?

DQ – È vero, è vero. Il tasso di mortalità è molto più basso rispetto ad Ebola ed è anche inferiore rispetto alla SARS, che nel 2003 si è attestato intorno al 10%, ma quello che rende particolare questa pandemia è che si diffonde con estrema rapidità e che lo fa silenziosamente, nel senso che, lo sappiamo, passa in maniera invisibile tra le persone, anche tra quelle che non hanno ancora nessun sintomo. Covid-19 ha dunque la capacità - e lo ha già dimostrato - di diffondersi con una straordinaria rapidità arrivando a colpire una quantità enorme di persone in tutto il mondo. E dunque, per quanto il tasso di mortalità sia oggi compreso tra il 2 e il 3%, alla luce della sua vastissima diffusione, ha la capacità di causare ancora un gran numero di vittime e tanta, tanta sofferenza.

RA – I sintomi appaiono tardi, dopo il possibile contagio, e questo sembra facilitare il contagio. L’organismo non ci manda dei segnali chiari sul fatto che siamo infettati. È questo il problema principale?

DQ – Esatto, è proprio così: ed è proprio per questo che è un virus così pericoloso. Si diffonde in fretta ed in silenzio. La gente sale sugli aerei, si sposta in metropolitana, va al lavoro, non sa di essere infetta e così passa il virus. Basta un colpo di tosse, o magari anche una stretta di mano.

RA – Il virus della SARS nel 2003 si è diffuso dalla Cina meridionale, a Hong Kong, poi è passato a Toronto, ad Hanoi, Pechino e Singapore. La diffusione è stata impetuosa in una prima fase, poi però è stato bloccato abbastanza presto, in fondo rapidamente. Le chiedo due cose: com’è stata fermata l’epidemia di SARS e poi di riflesso: possiamo pensare di fare altrettanto con Covid-19?

DQ- Beh, l’epidemia di SARS è stata fermata certo – anche se alcuni in realtà ritengono che si sia spenta. Nel 2003 ha colpito circa 8mila persone, nelle città che ha appena citato. Ha ucciso 774 persone e dunque non era aggressiva in termini di diffusione come quella attuale. È stata fermata, in primo luogo grazie dalla rapida identificazione della genetica del virus. All’identificazione del genoma ha fatto seguito la rigorosa applicazione delle misure di sanità pubblica che hanno permesso di isolare i casi, e anche di tracciare il percorso infettivo, e dunque di intervenire sulle persone che erano state infettate.

David Quammen ospite del Telegiornale

Telegiornale 02.04.2020, 22:00

Ma questa volta è troppo tardi. Nel caso di questa pandemia, il virus si è ormai diffuso in maniera così capillare che è matematicamente impossibile tracciare il suo percorso e ricostruire i contatti di tutte le persone coinvolte o anche solo potenzialmente coinvolte.

E poi, c’è anche da dire che nel mio paese, gli USA, ma anche in altri paesi del mondo, non ci sono abbastanza tamponi/test per fare verifiche capillari sulla popolazione. I test si sono dimostrati lenti nell’applicazione e, a volte, anche non abbastanza accurati nel definire chi è già stato contagiato.

Per tutte queste ragioni sappiamo che oggi siamo già andati oltre ogni possibilità di fermare sul nascere quest’epidemia. Oggi possiamo solo cercare di contenere la sua diffusione, dobbiamo schiacciare la curva, tenerla quanto possibile bassa, dobbiamo cercare di rallentare la corsa del virus. Dobbiamo ridurre in ogni modo il numero delle persone che vengono infettate, il numero dei malati in condizioni critiche per consentire ai nostri sistemi sanitari di prendersene cura senza venire travolti.

"I pipistrelli dello Yunnan custodiscono il virus"

RA – Questo ceppo della famiglia dei Coronavirus - che ora chiamiamo Sars Cov-2 per il virus e Covid-19 per la malattia che provoca - si trasmette per zoonosi. Questo significa semplicemente che il virus si sposta dagli animali all’uomo. Almeno su questo punto non ci sono più dubbi allo stato attuale?

DQ – Si, ne siamo sicuri. Ovviamente gli scienziati lasciano sempre un margine di dubbio nel loro approccio, ma lo sappiamo perché la comunità scientifica ha raccolto in questi anni un’imponente mole di prove che vanno in questa direzione.

Sappiamo che si tratta di un virus che vive in natura nelle comunità di pipistrelli della Cina. Lo sappiamo perché è stato identificato tre anni fa da una ricerca scientifica, che indicava come un virus, con un genoma quasi identico a quello di Covid-19, fosse stato scoperto in una colonia di pipistrelli che abitano una caverna della provincia cinese dello Yunnan.

E quando il virus si è diffuso tra gli uomini, iniziando a uccidere, ecco che è stato relativamente facile identificarlo, sequenziare il genoma, e scoprire che si trattava di qualcosa di molto simile a quello che era stato trovato solo tre anni prima. E che a sua volta veniva dai pipistrelli.

RA – Ci sono anche alcune teorie cospirazioniste, secondo le quali il virus sarebbe stato creato dall’uomo nei laboratori. Sono solo fake-news?

DQ – Si. Assolutamente sì. Solo fake-news. C’è uno studio molto accurato da poco pubblicato sul Journal of Natural Medicine a cura di Kristian Andersen che stabilisce in maniera accurata l’origine del virus facendo ricorso alla biologia molecolare. Lo studio prende esplicitamente in considerazione la teoria di un’arma biologica artificiale messa a punto in laboratorio, e la smentisce sulla base di evidenze scientifiche che lo collegano invece ai pipistrelli.

Il passaggio dall'animale all'uomo

RA – David Quammen, perché un virus compie lo Spillover? Per quale ragione dunque un virus passa dall’animale all’uomo?

DQ – Il virus evolve sulla base della selezione naturale. Dobbiamo tornare alla radice della teoria di Darwin. È l’a-b-c del darwinismo. Il virus può essere definito un essere “vivente-non vivente”, è solo una stringa di materia molecolare, un frammento di genoma avvolto in una proteina. Ma i virus hanno la capacità di replicarsi. Competono l’un contro l’altro e dunque evolvono. Esattamente come qualsiasi creatura vivente, il virus è in costante evoluzione.

Tutti gli esseri viventi sono spinti dalla selezione naturale ad accrescere il proprio numero e a cercare di colonizzare nuovi habitat. È la selezione naturale che lo impone, e questo è quello che succede anche ai virus quando incontrano un ambiente potenziale ospite, che può anche essere l’uomo. Non hanno uno scopo, ma reagiscono a quella che appare essere un’opportunità.

Si diffondono nell’organismo ospite, si moltiplicano, evolvono, e facendo tutto questo si assicurano il successo evolutivo .

RA – D’accordo. E si adattano molto rapidamente al nuovo organismo che li ospita?

DQ – Alcuni virus si adattano con grande rapidità, e mutano molto rapidamente. I Coronavirus sono tra quelli che hanno questa capacità, e lo sapevamo bene ancora prima che comparisse Covid-19.

RA – Ma come avviene lo “Spillover”, in che maniera si trasmette il virus dall’animale all’uomo. Concretamente, attraverso sangue, saliva…come avviene il passaggio?

DQ – Certo, certo. Allora, Spillover è termine che indica il momento in cui un virus passa per la prima volta da una specie non umana, all’uomo. È appunto il salto di specie. Come accade? Può essere perché l’uomo cattura l’animale, lo smembra per mangiarlo e così avviene il passaggio. Nel caso di Ebola la trasmissione avviene tra sangue e sangue: magari un piccolo taglio sulla mano del cacciatore ed è fatta.

Altrimenti può avvenire attraverso le deiezioni dell’animale: può esserci un contatto diretto, tra feci e/o urina dell’animale “serbatoio” con il corpo di un altro animale. Magari un maiale o anche, come accade nei cosiddetti “mercati umidi“ cinesi, con alcuni animali selvatici, come il pangolino. Il virus può resistere nella carne di animali che vengono macellati e mangiati dall’uomo, e così facendo entrano nel nostro corpo.

Ma può anche passare per via area: immaginate in campagna, un vecchio granaio, o uno di quei gabbiotti per gli attrezzi. Basta un ratto portatore del virus, la sua urina che si mischia alla polvere. Poi un uomo entra, cerca qualcosa. Il virus è nella polvere, l’uomo solleva la polvere ed ecco che semplicemente inala il virus respirando. E tutte queste, sono modalità di trasmissione che sappiamo - per certo – essersi già verificate con diversi tipi di virus.

"I pipistrelli non c'entrano sempre, ma quasi sempre"

Una colonia di pipistrelli fotografata a Bangkok

Una colonia di pipistrelli fotografata a Bangkok

  • ©Reuters

RA –
David, negli esempi che ci ha fatto ha citato diverse specie animali. Ma sempre – sempre - si torna a parlare dei pipistrelli. Allora le chiedo, perché i pipistrelli sono sempre coinvolti in questi fenomeni di zoonosi, com’è già accaduto con Ebola e adesso con Covid-19?

DQ – Sì certo, non direi sempre, ma sicuramente spesso. È vero che i pipistrelli appaiono, diciamo, sovra-rappresentati quando si tratta di cercare la fonte della trasmissione di un virus dagli animali all’uomo. Da un lato questo succede perché quello dei pipistrelli è un ordine di mammiferi molto vasto e, anche, estremamente differenziato al suo interno. Pensate che, sul nostro pianeta, quasi una specie di mammiferi su quattro è una specie di pipistrelli. E quindi, possono sembrare sovra-rappresentati, ma la verità è che sono sovra-rappresentati, tra tutti i mammiferi terrestri. E poi vivono a lungo: un singolo individuo può vivere anche 18 o 20 anni. Formano colonie grandissime, fino a 60mila adulti possono raccogliersi insieme, su di un’unica parete a formare anche una singola colonia. Vivono in grandi gruppi all’interno dei quali si scambiano regolarmente i virus tra loro. Sembrano avere un sistema immunitario più permeabile di altre specie, e forse questo è legato al fatto che sono mammiferi volanti, un’azione che sottopone l’animale ad un costante stress fisiologico.

Si pensa, insomma, che i pipistrelli siano in grado di farsi portatori di molti virus, senza che il loro sistema immunitario reagisca per combatterli. Ecco, direi tutti questi fattori ci aiutano a capire perché proprio questi animali ci possono sembrare “sovra-rappresentati” quando si tratta di virus e dunque di epidemie.

RA - Alcune pandemie, e penso alla polio o al morbillo, sembrano essere state più facili da debellare. Non sono delle zoonosi. Che cosa rende così difficile la battaglia nei confronti dei virus trasmessi per zoonosi, e dunque da animale a uomo?

DQ – Le zoonosi sono più difficili da sconfiggere perché curare l’uomo non basta. Per impedire totalmente la propagazione del virus bisogna eliminare la fonte dell’infezione. Dovremmo dunque eliminare interamente i pipistrelli dalla faccia della Terra? E’ un’idea terribile in realtà, perché noi abbiamo bisogno della diversità biologica: la lezione da trarre non è che “dobbiamo sterminare i pipistrelli”, ma che dovremmo, piuttosto, “lasciarli in pace”.

E allora pensiamo a quelle malattie che non sono più zoonosi, che non hanno più un ospite non-umano dove nascondersi. Quelle sono malattie che siamo stati capaci di eradicare dalla popolazione: consideriamo per esempio il vaiolo, lo abbiamo completamente eradicato perché non c’è nessun animale dove si può nascondere, non più. Anche il morbillo, quasi del tutto scomparso perché abbiamo vaccinato le persone, le abbiamo protette. Il morbillo circola ancora, capita di ammalarsi di morbillo ma avviene solo per scambio tra umani. E questo vale per la poliomielite, che si trasmette solo tra essere umani, e l’abbiamo quasi completamente eradicata – e speriamo di eliminarla del tutto - proprio perché non si tratta più di zoonosi, perché il virus non si può più nascondere negli animali per poi tornare tra di noi.

RA – Forse è una domanda che può apparire brutale e anche stupida, ma la devo fare. Per ritornare alla centralità dei pipistrelli. Perché a questo punto non sterminarli?

DQ – E’ una buona domanda, che richiede una risposta, perché so che molti se lo staranno chiedendo. Perché non possiamo sterminare i pipistrelli? Non possiamo farlo perché i pipistrelli svolgono una funzione molto importante per il nostro equilibrio biologico, per tutto il nostro ecosistema. Intanto perché mangiano gli insetti, molti insetti. Ci aiutano a controllare la diffusione delle zanzare. E anche perché contribuiscono all’impollinazione delle piante. Abbiamo bisogno di loro per conservare la nostra biodiversità, e dobbiamo fare in modo che la si conservi al massimo grado possibile. Ne abbiamo bisogno per il nostro pianeta, per la tutela degli ecosistemi, e anche per la salute umana. E poi ne abbiamo bisogno anche per lo spirito umano, per la nostra immaginazione: se cancellassimo completamente i pipistrelli, allora nell’arco di due o tre generazioni i bambini vivrebbero la loro intera esistenza senza sapere dell’esistenza di altre creature, come i gorilla che vivono nelle foreste africane.

Vivrebbero senza conoscere le tigri, che popolano le foreste dell’India. Sarebbe una perdita catastrofica, tanto per lo spirito dell’uomo che per l’ecosistema. Sarebbe terribile se eliminassimo queste creature. Non spetta a noi decidere quali creature sono necessarie, quali debbano essere protette: il nostro compito è piuttosto di cercare di salvarne il maggior numero possibile.

"Noi umani siamo connessi e collegati ai pipistrelli"

RA –Il rapporto tra virus e ambiente è centrale nel suo libro. Lei scrive che sono tre elementi da considerare:

Uno: Le attività umane sono causa della disintegrazione di vari ecosistemi a un tasso che ha le caratteristiche del cataclisma.

Due: stiamo sbriciolando tutti gli ecosistemi, nelle foreste tropicali per esempio vivono milioni di specie, tra questi milioni di specie ci sono virus, batteri, funghi, protisti e altri organismi, molti dei quali parassiti.


Tre: la distruzione degli ecosistemi sembra avere tra le sue conseguenze la sempre più frequente comparsa di patogeni in ambiti più vasti di quelli originari. La dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie. Un parassita disturbato nella sua quotidianità ha due possibilità: trovare una nuova casa, un nuovo tipo di casa, o estinguersi. Disastro ambientale e virus, legame stretto dunque …

I pipistrelli sono parte di noi

I pipistrelli sono parte di noi

  • ©Reuters

DQ – Credo che in realtà i punti di contatto siano molteplici. Da una parte c’è una considerazione di base: quando siamo colpiti da una malattia trasmessa da un animale, ci troviamo esposti alla principale lezione della teoria darwiniana. È una verità addirittura scioccante: tutti noi umani siamo animali. Apparteniamo all’albero della vita. Discendiamo da altri primati. Siamo imparentati con altre creature viventi, lo siamo con i gorilla, siamo legati strettamente agli scimpanzé. Siamo collegati ai pipistrelli. Noi siamo mammiferi, loro sono mammiferi. Noi abbiamo le mammelle, loro hanno le mammelle. Siamo connessi, e questo è qualcosa che ci deve rendere più umili. È un glorioso promemoria del fatto che, anche noi umani, svolgiamo un ruolo in questo straordinario pianeta. Il pianeta Terra. Dobbiamo ricordare che siamo connessi, agli animali ed alle piante, ma persino ai virus ed ai batteri perché noi e loro condividiamo lo stesso materiale genetico. È la prova che abbiamo tutti un’unica origine comune.

Tutto questo ci ricorda, ci deve ricordare, che questo è il nostro mondo, non ce ne sono altri nell’universo come questo, anche se magari un giorno saremo in grado di esplorarli. È questo il luogo cui apparteniamo, il luogo dove abbiamo compiuto il viaggio della nostra evoluzione. Questo è il luogo di cui dobbiamo avere cura, perché le altre forme viventi non sono solo “i nostri vicini”, ma sono “la nostra famiglia”.

Per questo quando soffriamo per una malattia la nostra risposta non può essere “sterminiamoli”: vorrebbe dire che non abbiamo ancora capito che noi siamo parte di loro e loro sono parte di noi.

RA – Ritiene che ci sia un nesso tra l’inquinamento atmosferico e la diffusione delle pandemie, o piuttosto che non ci sia nessuna prova in questo senso?

DQ – Non è dimostrato. Non sono a conoscenza di nessuna prova scientifica che colleghi l’inquinamento alle epidemie che si caratterizzano per un attacco al nostro sistema respiratorio. Ma è certamente possibile che una correlazione ci sia. So per esempio che il Nord Italia, e dunque probabilmente anche la vostra parte di Svizzera, è una zona di alta industrializzazione, con una grande concentrazione di emissioni delle produzioni industriali. È una zona ad alta concentrazione di popolazione anziana che presenta una maggiore esposizione a possibili problemi respiratori. Ed ecco che qui emerge un possibile legame con i virus che attaccano proprio quegli organi. C’è un possibile legame tra l’ambiente, la maggior esposizione dell’apparato respiratorio e dunque il virus che lo attacca.

"Ci saranno altre pandemie"

RANel 2012, quando lei ha scritto il suo libro, ha di fatto previsto, in maniera direi quasi perfetta, quello che sta accadendo proprio adesso nel mondo. Le volevo chiedere se in questi 8 anni ha appreso qualcosa di nuovo? Qualcosa che si aggiunge: sui virus, sulla loro origine, sui metodi di propagazione, sul rapporto virus-animale-uomo?

DQ – Questa è una bella domanda e la mia risposta è che sicuramente in questi anni sono apparsi nuovi virus, nuovi casi, e ci sono state nuove epidemie attraverso le quali abbiamo anche potuto misurare la validità dei principi che hanno guidato il mio lavoro, nel libro Spillover. Devo dire che quelle previsioni, che non erano legate tanto alla mia capacità di vedere nel futuro, quanto piuttosto di ascoltare i maggiori specialisti della materia. Previsioni che si sono effettivamente materializzate.

Di certo, otto anni fa non conoscevamo alcuni virus. Penso a Zika, apparso nel frattempo, penso a MERS-Cov che è un altro coronavirus apparso nella Penisola Arabica, arrivato all’uomo dai pipistrelli attraverso i cammelli. Insomma, sono accaduti eventi che non potevamo conoscere, che forse potevamo prevedere, ma ciò che conta è che i principi che regolano questi fenomeni non sono cambiati, non sono cambiati nel loro quadro generale.

Ciò che ho descritto in Spillover, è la storia del contatto tra l’uomo e gli animali selvatici che vengono messi nelle condizioni di disseminare nel nostro corpo delle varianti degli stessi virus che rapidamente si diffondono attraverso la razza umana in ogni parte del mondo. E in questo non c’è nessuna differenza rispetto al 2012.

Preservare la biodiversità: un imperativo

Preservare la biodiversità: un imperativo

  • ©Ansa

RA –
Vi è dunque una relazione chiara tra il nostro stile di vita – per esempio il nostro continuo viaggiare, gli aerei sempre in movimento – tra tutto questo e la diffusione dei virus che diventano come in questo caso delle pandemie?

DQ- Beh, diciamo che io sono convinto che ci saranno altre pandemie. Sono certo che questa non sarà l’ultima...

RA – Ma questa che stiamo vivendo , per capirci, è la “Big One”, la prossima grande epidemia che lei aveva previsto nel 2012?

DQ – Vero, nel libro io parlo della prossima “Big One”, l’ho fatto. Ho chiesto alla scienza, e la scienza mi ha risposto in maniera affermativa. Sì hanno detto: “Potrebbe essere causata da un coronavirus, che arriva all’uomo dai pipistrelli, attraverso i mercati della Cina meridionale”, ed è quella previsione oggi compiuta cui lei si riferiva prima.

E dunque sì, questa pandemia è “la prossima Big-One”, o almeno, “una Big-One”. Vedremo poi, più avanti, quando la storia ci racconterà se e come saremo stati capaci di metterla sotto controllo. E vedremo anche se saremo stati in grado di impedire alla pandemia di causare il numero di morti che in questo momento temiamo possa causare. Vedremo. Di certo questa sarà comunque ricordata come un’epidemia di grande portata. Ha già causato una paura enorme in tutto il mondo. Ha persino costretto il nostro presidente, Donald Trump, a cambiare in pochi giorni atteggiamento: lo ha costretto a passare dalla retorica della “truffa dei Democratici” al riconoscimento del pericolo: al punto in cui ha detto “si certo è una pandemia, ma io lo sapevo già che sarebbe stata una pandemia!”.

Insomma, ora che persino lui prende la cosa sul serio, dobbiamo andare avanti nella nostra battaglia, Una volta che avremo sconfitto anche questa pandemia, dovremo sì festeggiare, ma per cinque minuti però. Perché poi dovremo rimetterci al lavoro e prepararci alla prossima. Perché è sicuro che ne arriverà un’altra.

E le dico anche che, la mia speranza oggi, è che questa pandemia – con tutti i danni che ci sta portando - sia già adesso ritenuta così drammatica da spingere i nostri leader, i nostri decisori politici, il legislatore, le persone che controllano i budget della sanità pubblica, tutti insomma, a prendere la cosa molto sul serio. Dovranno decidere gli investimenti che servono per preparaci per la prossima grande epidemia. Non so se accadrà, ma davvero me lo auguro.

RA Ha parlato del presidente Trump e allora le chiedo, in conclusione, di condividere il suo parere sulla situazione, oggi, negli Stati Uniti d’America. Il panorama sembra inquietante. Lei vive nel Montana, uno Stato di grandi spazi, probabilmente una posizione privilegiata. Ma cosa pensa di ciò che accade negli Stati Uniti?

DQ – Dunque, oggi la situazione appare molto seria, soprattutto nello stato di New York. In particolare a New York City. Sembra che proprio in quella città, i casi possano esplodere oltre il livello critico. Il rischio è che le persone non possano più essere prese in carico: la carenza di unità di terapia intensiva e di machine per la ventilazione assistita sembra essere uno dei fattori critici di queste giornate. Quello che è già accaduto nell’Italia del Nord potrebbe accadere a New York City.

Il nostro presidente in questa situazione è risultato inutile. Ma dietro di lui ci sono invece delle persone valide. Il dott. Tony Fauci, l’immunologo, è uno di queste. Credo anzi che oggi sia la persona che gode della maggior fiducia in tutta l’America. Lavorando con Trump è costretto come un funambolo ad avanzare lungo una corda molto sottile, ma sta comunque facendo un ottimo lavoro. Lo fa con trasparenza, dice all’America e al mondo ciò che va fatto e ciò che potrebbe accadere. E, almeno fino ad ora, riesce comunque a mantenere il suo rapporto di fiducia con Donald Trump. Penso che Fauci sia un uomo in gamba e molto saggio, è una fortuna averlo.

RA – Grazie David.

Red. MM

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