Svizzera

"Orari e non salari"

Niente tagli retributivi ma compromessi sui tempi di lavoro. Si fa così nel resto della Svizzera, per fronteggiare il franco forte

  • 24 February 2015, 14:35
  • 16 June 2023, 07:09

Le vertenze di Exten a Mendrisio e delle ferriere Cattaneo a Giubiasco hanno evidenziato la particolare vulnerabilità dell'industria ticinese di fronte al franco forte. Ad alimentare le apprensioni è ora l'impatto delle ripercussioni per il personale. Tagli ai salari, oppure rischio di licenziamenti o di delocalizzazioni: è questa, in buona sostanza, l'alternativa posta da queste aziende ai loro dipendenti, sull'onda delle attuali difficoltà.

Fin qui, la declinazione in Ticino di una problematica che ha dimensioni nazionali: a trovarsi sotto pressione, dopo la decisione della BNS, sono infatti tutte le industrie elvetiche orientate all'esportazione, in particolare nella Svizzera occidentale. Ma quante imprese, oltre Gottardo, stanno ora applicando misure sui lavoratori?

"Attualmente fra le 10 e le 20, nella Svizzera tedesca, e una trentina in Romandia", ci risponde Pierluigi Fedele, che fa parte del comitato nazionale di UNIA e integra anche l'organo esecutivo dell'Unione sindacale svizzera (USS). "La situazione è sotto controllo", osserva, precisando che le misure in questione non vertono però sui salari. Esse sono "più o meno orientate sugli orari di lavoro, ma in termini temporanei, di qualche mese", per poi fare il punto sulla situazione.

Come a dire, aumenti provvisori delle ore d'impiego. Una soluzione, peraltro,
appena adottata dal costruttore ferroviario Stadler Rail proprio d'intesa con i sindacati. Oltre Gottardo, insomma, il confronto con gli imprenditori si svolge sullo sfondo di misure assai meno radicali dei tagli alle retribuzioni evocati in Ticino. Ma come si è arrivati a questa concordanza? "
Abbiamo fatto capire al padronato che sui salari non si deve intervenire.
Se si entra in questa logica, possiamo infatti aggravare la situazione di altri settori di attività economica nel paese. Di misure si può quindi discutere, ma sui salari non se parla proprio". Un messaggio e una presa di coscienza che, secondo il sindacalista, gli imprenditori hanno mostrato di recepire.

Già. Ma come si spiega allora il clima ben differente che si registra nella Svizzera italiana? "Ritengo che in Ticino il padronato cerchi di approfittare della situazione per mettere ancora più sotto pressione quei salari che sono già bassi, dai 3'000 franchi o poco più. Questo non è accettabile", sottolinea Fedele, evocando anche il rischio che l'economia del cantone finisca per trovarsi esposta a derive deflazionistiche.

Ci sono peraltro anche altre soluzioni, oltre all'adattamento delle ore di lavoro, per affrontare l'apprezzamento del franco. Le imprese in difficoltà sono rivolte all'esportazione ma, precisa Fedele, "sono anche ditte che importano materiali dall'Eurozona. Qui ci sono quindi margini, sul piano dei prezzi, per realizzare economie", senza incidere sulle retribuzioni o sui tempi di impiego, sostiene il sindacalista.

Alex Ricordi

AUDIO - Ascolta l'intervista a Pierluigi Fedele

RG 07.00 del 24.02.15 - Il servizio di Marzio Minoli

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