Ticino e Grigioni

Colpita alla testa e strangolata

Aula penale di Lugano piena di familiari e amici della vittima per l'inizio del processo per l'assassinio di Stabio. Emergono retroscena inediti

  • 15 maggio 2018, 17:28
  • 8 giugno 2023, 19:47
C'è grande curiosità, dentro e fuori il Tribunale

C'è grande curiosità, dentro e fuori il Tribunale

  • ©Ti-Press/Alessandro Crinari

È stata colpita alla testa con una bottiglia di vetro e poi strangolata con una sciarpa. Sono alcuni dei dettagli, in parte inediti, contenuti nell’atto d’accusa firmato dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti nei confronti di Michele Egli, l’ex collaboratore informatico della SUPSI a processo da oggi, martedì, per rispondere della morte della cognata Nadia Arcudi, la 35enne maestra delle elementari uccisa in casa sua a Stabio la sera del 14 ottobre del 2016.

Il dibattimento è iniziato poco dopo le 14.30 nell’aula penale del Palazzo di giustizia di Lugano piena di familiari, amici della vittima e giornalisti. Felpa grigia con cappuccio, all’apparenza stanco e visibilmente ingrassato, Egli ha ascoltato il giudice Amos Pagnamenta leggere l’atto d’accusa senza battere ciglio. Riporta fatti che l'imputato non contesta e che in aula ha confermato di aver commesso.

Michele Egli alla sbarra

Michele Egli alla sbarra

  • RSI

Michele Egli, si legge, arrivò a casa dalla cognata pochi minuti dopo le 19.00. La discussione scivolò presto sulla sorte della villetta di Stabio, dove Nadia Arcudi abitava e che voleva acquistare rilevando le quote della sorella e della madre.

A scatenare il delitto sarebbe stato il tono della vittima usato nella discussione. L'imputato, si legge nell’atto di accusa, la colpì alla testa con una bottiglia di birra vuota estratta dallo zaino. La bottiglia si frantumò: la donna barcollando si avvicinò al letto. Lì Egli la strangolò con la sua sciarpa. “Mi dispiace”, le disse appoggiando la fronte tra i capelli della donna.

Ripulì velocemente la stanza, legò i polsi della donna con delle fascette di plastica, infilò il corpo senza vita in due sacchi dell’immondizia e lo caricò in auto, per poi abbandonarlo nella boscaglia a Rodero, nel Comasco, poco distante dalla dogana del Gaggiolo, dove il cadavere venne ritrovato dopo due giorni.

L’imputato portò con sé anche il telefono cellulare della donna. Telefonino dal quale inviò poi una serie di messaggi a sé stesso e al fidanzato di Nadia Arcudi: “Sono stata male, sto vomitando, non riesco a venire”, scrisse per fingere che la donna fosse ancora viva e per giustificare la sua assenza. Dopodiché, raggiunse a cena moglie, figlia e suocera in un ristorante di Olgiate Comasco.

Seguirono altri messaggi e il giorno successivo, l’uomo spedì dall’account della donna una serie di email ai familiari – lui incluso – e alle amiche strette della vittima, per giustificarne l’assenza e far credere che la sera prima si era recato da lei senza trovarla.

Delitto di Stabio, al via il processo

Telegiornale 15.05.2018, 14:30

Michele Egli, 43 anni, è reo confesso e anche in aula ha ammesso i fatti elencati nell'atto d'accusa. Durante l’interrogatorio, ha più volte affermato che amava Nadia Arcudi, ma l’amava, ha spiegato, “come si ama una sorellina”, sottolineando di non esserne innamorato.

Attualmente in regime di espiazione anticipata della pena, è accusato di assassinio, reato che il codice penale punisce con una pena che va dai 10 anni di detenzione fino al carcere a vita.

L’interrogatorio proseguirà anche mercoledì. Poi, nel pomeriggio, verrà ascoltato il dottor Carlo Calanchini che ha redatto la perizia psichiatrica sull’imputato, riscontrandone una lieve scemata capacità di agire. Dopo l’audizione, la Corte si riunirà per una breve camera di consiglio. Se non dovesse emergere la necessità di produrre una seconda perizia psichiatrica, il dibattimento continuerà con l’intervento delle parti. La sentenza dovrebbe arrivare venerdì pomeriggio, al più tardi martedì mattina.

Ludovico Camposampiero/Notiziario 14.00

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