Cronaca

Burqa, tra sicurezza e intolleranza

A Modem le reazioni al voto ticinese contro il burqa e il niqab del deputato UDC Hans Fehr, di Stella Jäger di Amnesty International e del professore Stefano Allievi

  • 23 settembre 2013, 14:08
  • 5 giugno 2023, 21:06
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In Belgio e in Francia è in vigore una legge che vieta di indossare il burqa

  • REUTERS

Il Ticino è il primo cantone in Svizzera a voler introdurre il divieto di dissimulare il viso in pubblico. La normativa, se dovesse entrare in vigore, toccherebbe in particolare le donne che, per ragioni religiose o di tradizione, indossano il burqa e il niqab. A Modem si è parlato della votazione, dei motivi che hanno spinto la popolazione ad approvare l’iniziativa e delle ripercussioni che questa potrebbe avere.

“Un voto per la sicurezza e le donne”

Il consigliere nazionale Hans Fehr , promotore di una mozione volta ad introdurre una legge federale analoga a quella voluta in Ticino, si rallegra del voto: “Ringrazio i ticinesi, è un segnale importante per la sicurezza e i diritti delle donne". Il deputato UDC confida che il sì ticinese faccia da apripista per iniziative simili in altri cantoni e si dice preoccupato per la crescita dell’Islam in Svizzera, “una società parallela”, e per la sua radicalizzazione. Lo Stato, evidenzia Fehr, deve garantire la pace tra le religioni, ma anche la sicurezza.

“Un inquietante segnale di intolleranza”.

Per Stella Jäger di Amnesty International il voto ticinese è un “inquietante segnale di intolleranza e discriminazione”. La rappresentante dell’organizzazione internazionale è preoccupata per il dilagare di sentimenti xenofobi e islamofobi. "Si è votata un'iniziativa su un problema inesistente e che limita i diritti umani, in particolare quelli di espressione e di religione", spiega la Jäger sostenendo che ciò rischia di portare le comunità in minoranza a chiudersi su sé stessa senza integrarsi.

“Era un voto scontato”

Secondo il professore di sociologia dell’Islam europeo all'Università di Padova Stefano Allievi, quello di domenica era “un voto scontato, visto che è facile spingere le sensibilità e le paure della popolazione contro qualcuno, in particolare contro l’Islam”. Per l’esperto, lo sviluppo dell’Occidente è stato basato finora sull’universalizzazione dei diritti, ovvero sull’estensione delle libertà e non sulla loro limitazione. Secondo Allievi è però facile ottenere visibilità e consensi politici battendosi e stigmatizzando l’Islam. Ciò anche mettendo a repentaglio la convivenza tra le comunità.

Red. MM/Modem

La normativa in Francia

Dal 2011 in Francia è in vigore una normativa analoga a quella voluta dalla popolazione ticinese. Le donne che indossano il burqua possono venir multate con 150 euro e chi le obbliga a vestirsi così rischia fino ad un anno di carcere o 30 mila euro di contravvenzione. La legge è però di difficile applicazione. Nelle banlieues, dove vive una massiccia comunità islamica, le forze dell’ordine spesso non intervengono. Dall’introduzione della legge, le donne colpite dal provvedimento sono state 423, un numero esiguo se confrontato alla comunità musulmana in Ticino. Il testo fa seguito ad una normativa, datata 2004, che vieta di coprirsi abiti e simboli religiosi nelle aule scolastiche.

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  • La puntata di Modem del 23.09.2013

    RSI Cronaca 23.09.2013, 11:08

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