Cultura e spettacoli

Immenso Paolo Villaggio

Il ricordo di Marco Zucchi dell'attore italiano morto a 84 anni - "La scena delle scene? Fantozzi che gioca a tennis..."

  • 3 July 2017, 10:09
  • 6 September 2023, 03:15
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Paolo Villaggio, una carrellata tra film, interviste e riconoscimenti

RSI Cultura e spettacoli 03.07.2017, 22:23

Per me Paolo Villaggio è soprattutto la possibilità di citare a raffica vecchie gag di Fantozzi e ridere ogni volta come fosse la prima. È confrontarsi con gli amici e scoprire che per ognuno la battuta più cult di tutte è diversa e personale. È ricordare i viaggi in treno di trent'anni fa verso la scuola, scanditi da "quotes" (come si dice ora sui social) fatte di megadirettori galattici, menagramo d'un menagramo c'est à moi, Fantozzi a pelle di leopardo sulle nevi, tuffi negli acquari di direzione, contesse Serbelloni Mazzanti Viendalmare, pechinesi cucinati dai cinesi e così via.

"Per me la corazzata Kotiomkin ..."

La scena imprescindibile assoluta di ogni cinefilo è probabilmente quella del cineforum aziendale settimanale organizzato dal professor Giuidobaldo Maria Riccardelli. Perquisizioni corporali ai dipendenti per impedire che occultino radioline con cui ascoltare di nascosto la partita. E poi via con le celeberrime scene mute in bianco e nero della Corazzata Kotionkin, presa in giro del capolavoro di Ejzenstejn ma soprattutto di un intellettualismo spocchioso, all'epoca molto diffuso (era il 1976). Eccezionale e liberatorio, oltre che indimenticabile, il "per me la corazzata Kotionkin è una cagata pazzesca", che ha aperto la strada a mille riformulazioni di dissenso nei confronti di un'alta cultura troppo incomprensibile.

La scena delle scene però nel mio cuore resta quella del tennis: brume delle sei del mattino, perché negli altri orari il campo è appannaggio di dipendenti più altolocati, Fantozzi e Filini che si fronteggiano tra miopie conclamate e colpi non proprio alla Federer. "Batti Fantozzi". "Che fa, mi da del tu?". "No dicevo... batti lei". "Ah, congiuntivo". Come riformulare l'intero rapporto tra lingua scritta ed espressione orale in quattro semplici frasi. E sdoganare i congiuntivi fantasiosi di una buona metà degli italiani, che infatti gradirono assai.

... i mutandoni ascellari

Ma Paolo Villaggio è anche l'imbranato intimidito che cade dalla poltrona-pouff a fagiolo durante gli sketch televisivi. O quello che, affamato, si riempie la bocca e poi blocca la mandibola a dissimulare. O il tedesco professor Kranz che faceva ridere tantissimo mia mamma. E poi ci sono i mutandoni ascellari, divenuti emblema globale del look da perfetto imbranato. E come tralasciare la figlia inguardabile o il rapporto ondivago con la devota moglie. Insomma troppa roba. E tutta indimenticabile.

Non solo umorismo

Eppure nella vita, soprattutto in età avanzata, Paolo Villaggio ha spesso mostrato anche i suoi lati malinconici, burberi, controcorrente, da polemista ligure scontroso e a tratti persino un po' antipatico. Era fatto così: capace di scrivere in uno dei suoi celebri corsivi sull'Unità parole dure su Madre Teresa di Calcutta o sul Papa. Orgoglioso di spiazzare gli intervistatori tv, che si aspettavano risposte ridanciane, con sferzate durissime. Ma anche curioso e indagatore. Come nell'unica occasione in cui ho avuto modo di incontrarlo un po' a lungo.

È la fine del 1999. Sul gelido set di una fabbrica dismessa, a Martigny, si gira "Azzurro" dell'italo-vallesano Denis Rabaglia. Nel film Villaggio fa un nonno amorevole ed ex-emigrante. Sul set si mostra pacioso e barbuto, ma nei momenti morti se ne sta per i fatti suoi. Al punto tale da non voler condividere l'hotel con il resto della troupe. Per l'intervista mi accoglie nel suo mobilehome. Un camperone enorme superlusso con radica sulle pareti e ogni bendidio. "Sto bene qui! Con questo - mi dice - se voglio nei giorni liberi me ne vado a Parigi e ritorno". Intanto si inietta l'insulina per il diabete davanti a me, scusandosi ma nemmeno troppo, come una cosa naturale. E poi cominciamo a parlare ed è lui che mi fa le domande. Anche perché non ha nessuna voglia di dirmi cose su Fantozzi o la sua carriera. Sul film, sì. Per sapere il resto - lascia intendere senza dirlo - bisogna pagare. Genovese non per nulla. E allora inizia a chiedermi della mia salute e ci raccontiamo cose non da intervista. Compreso qualche suo apprezzamento nei confronti dell'universo femminile (che gli sentirò fare anche a Locarno, l'anno successivo). Dell'intervista vera e propria ricordo poco, soprattutto il suo fervore nel difendere l'onore e la dignità degli emigranti italiani, ma anche nello stigmatizzare un'accoglienza svizzera fatta di baracche e discriminazioni. Polemista, appunto, ma non in modo gratuito.

Chi non lo conosceva...

Un ultimo elemento ben poco fantozziano che mi piace ricordare è quello di una statistica di una quindicina d'anni fa. Magari non aveva chissà che crisma scientifico, non ho controllato, ma mi lasciò comunque senza parole. Un sondaggio per capire chi fosse il personaggio pubblico in assoluto più conosciuto dagli italiani lo mise al primo posto! Il 98% degli interpellati - quindi praticamente tutti - dicevano di sapere chi fosse Paolo Villaggio. Non Roberto Baggio. Non Vasco Rossi. Non Monica Bellucci o Roberto Benigni. Lui!

Ti sia lieve la terra, Fantozzi. Come dicono ora tantissimi tweet parafrasando il titolo del terzultimo film della saga, probabilmente ora in Paradiso ci sei davvero. E magari di nuovo a battibeccare con la Santa.

Marco Zucchi (responsabile cinema RSI)


RG 12.30 del 03.07.17: il ricordo di Marco Zucchi

RSI Cultura e spettacoli 03.07.2017, 13:19

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